Con un colpo di scena che ha l'effetto di un terremoto politico, Putin silura senza spiegazioni il vicepremier Vladislav Surkov dopo oltre dieci anni di onorato servizio al Cremlino, di cui era considerato l'ideologo, l'eminenza grigia, il burattinaio. Ricche le sfumature delle analisi, ma quasi tutti gli osservatori inquadrano la mossa in una guerra di potere più ampia e la interpretano come un segnale negativo che indebolisce il premier Dmitri Medvedev e il suo governo: il tandem alla guida del Paese sembra sempre più ai ferri corti, diviso in particolare su come affrontare l'allarmante rallentamento dell'economia. Lo sfondo resta quello della lotta tra siloviki - i falchi legati agli apparati di forza, che hanno preso il sopravvento al Cremlino - e i riformisti liberali che ruotano intorno al capo del governo. Secondo il portavoce del presidente, Dmitri Peskov, è stato lo stesso Surkov a presentare una richiesta di dimissioni - accettata da Putin - legata all'attuazione dei decreti contenenti le sue promesse elettorali. Attuazione di cui ieri, in una riunione con il governo, Putin aveva lamentato ritardi e carenze, dando un mese di tempo ai ministri per presentare un piano concreto con gli obiettivi da lui fissati.
Pur se in modo insolitamente impacciato, Surkov aveva osato rispondere che il lavoro del governo era «abbastanza impeccabile» e che oltre metà delle 200 direttive era stata adottata. Non è l'unico episodio di questi mesi. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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