Terrore all'Empire State Building Spara tra la folla, due morti e 9 feriti

Terrore all'Empire State Building Spara tra la folla, due morti e 9 feriti

Aveva 53 anni ed era stato licenziato lo scorso anno da Hazan Imports, un'azienda che importa agrumi dalla Turchia con sede nei pressi dell'Empire State Building per cui aveva lavorato per nove anni. Jeffrey Johnson, che non aveva precedenti penali, ieri mattina alle 9 (le 15 in Italia) ha perso la testa ed è andato in cerca del manager della stessa società, a due passi dal grattacielo più famoso di New York. In una borsa nascondeva un'automatica calibro 45, un'arma temibilissima.
Quando ha trovato la persona che gli aveva fatto perdere il lavoro in seguito a una causa per molestie, l'italoamericano Steven Ercolino di 41 anni, gli ha sparato alla testa tre volte, fulminandolo. Poi è uscito in strada e, ormai fuori di sé, ha cominciato a prendere di mira i passanti terrorizzati. Una scena terribile. Johnson ha mirato a caso tra la folla e ha ferito altre nove persone, sette uomini e due donne, prima di essere a sua volta abbattuto da uno degli agenti di polizia accorsi sul luogo della sparatoria.
Il drammatico episodio che ha sconvolto Manhattan, il cui cuore è stato blindato per ore dalla polizia facendo impazzire il traffico e ridisegnando temporaneamente scenari da terrorismo internazionale, riapre per l'ennesima volta la questione della facilità per noi incomprensibile con cui ci si può procurare un'arma da fuoco negli Stati Uniti. Il sindaco newyorkese Michael Bloomberg, spiegando ai giornalisti che la sparatoria non ha avuto niente a che fare con il terrorismo, ha osservato che «non siamo immuni dal problema nazionale della violenza con armi da fuoco» e ripetuto la sua nota convinzione che «qui ci sono in giro troppe pistole». Appena due settimane fa, del resto, un uomo che si aggirava armato era stato ucciso dalla polizia nella centralissima Times Square.
Ed è certamente un fatto che in America, nelle ultime settimane, ci siano stati davvero troppi inquietanti episodi di stragi compiute da persone instabili armate fino ai denti. Dalla strage di Aurora in Colorado, quando il 20 luglio un giovane mascherato da Joker ha sparato all'impazzata in un cinema dove si proiettava il film «Batman» (12 morti), al massacro del 5 agosto in un tempio sikh nel Wisconsin, opera di un ex militare imbevuto di razzismo (7 morti), fino alla sparatoria del 13 agosto vicino a un'università del Texas (3 morti): e questi sono solo i casi più sanguinosi.
Ma la sparatoria vicino all'Empire, essendo tutt'altro che un caso isolato di violenza mortale a New York, sembra rimarcare anche che l'effetto positivo della famosa «tolleranza zero» a suo tempo imposta dal sindaco-sceriffo Rudolph Giuliani sta scemando e che la Grande Mela sta lentamente scivolando verso standard di criminalità pericolosi. Qualche dato pubblicato dal quotidiano New York Post. Tra aprile e giugno scorsi i crimini nella metropoli sono aumentati del 12 per cento, raggiungendo un totale di circa 28mila contro i 25mila del periodo gennaio-marzo. Contemporaneamente, sottolinea il giornale, sono calate da 203mila a 134mila le perquisizioni, il che ha portato a una diminuzione anche delle armi sequestrate, da 881 a 732. Questo calo evidente delle perquisizioni sembra essere stato la conseguenza delle denunce di una «Unione per le libertà civili di New York» (Nyclu), secondo la quale troppe persone venivano fermate e perquisite senza una ragione.

Una presa di posizione contro cui si era subito schierato il sindaco Bloomberg, che aveva protestato affermando che «se consentiamo alla Nyclu di aver voce in capitolo nelle strategie di controllo dell'ordine pubblico nella nostra città, sempre più ragazzini si ritroveranno orfani e molti di loro rischieranno di non arrivare all'età adulta».

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