Come voterebbe il mondo? Così si schierano i potenti

L'Europa tifa in maggioranza per il presidente, anche se la Merkel non è mai stata dalla sua parte. Mentre Israele è per il repubblicano

Come voterebbe chi non può votare? Cioè il resto del mondo, quello che deve accontentarsi di restare attaccato alla tivù guardan­do i vari stati d’America colo­rarsi di blu o di rosso nella notte del 6 novembre.
Quello che in fondo vor­rebbe votare, eccome, ma può soltanto esprimere preferenze che contano ze­ro. Eppure qualcosa dico­no, di quello che Obama ha fatto e costruito e di quello che Romney potrebbe fare, se­condo sostenitori e avversari. Per­ché è vero che a prima vista- come racconta una mappa realizzata da
Foreign Policy - sembra un blue planet , un pianeta pro democrati­ci, ma in realtà, sotto la superficie le posizioni non sono così nitide, e l’appoggio a Obama non è così scontato.
Per esempio l’Europa: il Nord e l’Ovest del Vecchio continente so­no un feudo del presidente, si giocasse la rielezione in Francia o in Gran Bretagna sarebbe già in vacanza (Hollande con ironia ha detto: forse dovrei dire che so­stengo Romney, così perderebbe sicuro...); però se i tedeschi si schierano per lui nei sondaggi, lo stesso non si può dire di Angela Merkel. Obama ha «corteggiato» la Cancelliera con una cena di sta­to alla Casa Bianca e la Medal of freedom, ma non per questo lei ha mai arretrato dalle sue posizioni sull’austerity, non per questo ha ceduto alle pressioni di Washin­gton. Per Obama una mano sareb­be stata vitale - un’Europa in crisi e quindi un’economia globale in crisi sono stati l’incubo del presi­dente - ma da Berlino le risposte non sono state particolarmente in­coraggianti: «Le considerazioni della Merkel sulla crisi dell’euro sono indipendenti dagli Usa e dal­le elezioni americane» ha detto il direttore di Carnegie Europe Jan Techau a Bloomberg . Si ricordano
i vertici del G8 e del G20 e le video­conferenze con Hollande e Came­ron ad aiutare Obama, e Angela a ripetere: no, no, nein. Le critiche di Obama se le è scrollate dalle spalle delle sue giacche colorate, non si sa se siano anche scivolate via dal suo orgoglio di Cancelliera del rigore.D’altra parte ieri un edi­toriale dell’ Herald Tribune soste­neva che, anche se l’Europa si trova dalla parte di Obama sulla maggior parte delle questioni, dal punto di vista dell’economia avrebbe molto più da imparare da Romney, e forse i tagli alle tasse promessi dal conservatore sa­rebbero una le­zione salutare per tutti. Chi invece si è espresso aperta­mente per Obama è Vladimir Putin: l’ha definito«un po­litico onesto », men­tre di Romney ha sottolineato la «re­torica elettorale» delle sue dichiara­zioni sulla Russia nemico numero uno dell’Ameri­ca. Le evo­cazioni dello stile «guerra fredda» non sono piaciute ai russi, che nei sondaggi sono pro Obama; anche se questa settimana Matt Romney (il secondogenito) è stato a Mosca per affari e ha fatto arrivare a Putin il messaggio che, superata la reto­rica, il papà vorrebbe buoni rap­porti con il Cremlino.
Le dichiarazioni bellicose (in economia) costano al repubblica­no anche l’appoggio dei cinesi e dei giapponesi (delusi dalle criti­che), mentre quelle verso l’Iran contribuiscono al successo di Romney in Israele, dove la mag­gioranza è decisamente dalla sua

parte. Per motivi di sicurezza na­zionale, per l’amicizia dichiarata da Romney in più occasioni, per il legame personale con Bibi Netan­yahu. Sulla cartina del mondo, Israele si tinge senza dubbio di ros­so. Ma anche la Polonia apprezza Romney per i suoi attacchi alla Russia. Il sostegno a Obama è net­to in Brasile, mentre fra i delusi dal presidente ci sono Finlandia, Ir­landa, Messico, Giappone, Spa­gna e Grecia: stati che voterebbe­ro il democratico, ma senza trop­po entusiasmo. Perfino l’Egitto gli volta le spalle, nonostante il ruo­lo cruciale della Casa Bian­ca nella caduta di Muba­rak:
solo il 18 per cen­to gli darebbe una seconda chance.
C’è anche qualche endorsement di cui entrambi avrebbero fatto a meno, come quello di Chavez per Obama o i vo­ti pakistani per Romney.

Mentre all’Harry’s Bar di Parigi le elezioni hanno già dato vincente Obama, di poco però. Dal 1924 hanno sba­gliato solo due volte: con Carter e con la rielezione di Bush.

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