Mentre in Crimea il clima si surriscalda pericolosamente, Mosca e Kiev si scambiano bordate verbali sempre più accese, in un crescendo di avvertimenti e minacce. Dopo il blitz filorusso al Parlamento di Simferopoli, che ha tutta l'aria di non essere un genuino prodotto della collera popolare locale, l'incaricato d'affari russo è stato convocato al ministero degli Esteri a Kiev, dove gli è stato trasmesso un messaggio chiaro e semplice: rispettate l'integrità territoriale dell'Ucraina. Poche ore prima il nuovo presidente ucraino, il «duro» nazionalista Oleksandr Turchynov, aveva chiarito ai russi che «i militari della Flotta del Mar Nero devono restare sul territorio previsto dagli accordi. Ogni movimento di truppe armate sarà considerato alla stregua di un'aggressione militare».
Parole decise, specie se si considera che sono state pronunciate mentre sono in pieno svolgimento le manovre militari russe «di routine» ai confini dell'Ucraina, che vedono impegnati 150mila uomini, e migliaia tra carri armati e blindati, aerei, elicotteri e navi. Manovre accompagnate dalla promessa del Cremlino di «difendere con fermezza i nostri connazionali all'estero».
Mosca sembra voler fare più di questo. Per esempio soffiare sul fuoco della secessione della Crimea investendo - così scrive il giornale economico russo Kommersant - 5 miliardi di dollari in strade e porti. Intanto Turchynov raccoglie la sfida e annuncia di volersi recare di persona nella caldissima Simferopoli mentre il Parlamento di Kiev ha eletto nuovo premier Arseny Yatsenyuk, un conservatore vicino a Yulia Tymoshenko e gradito all'Occidente.
Il deposto presidente Viktor Yanukovich, oggetto di un mandato di cattura internazionale come mandante delle stragi di manifestanti a Kiev, si è fatto finalmente vivo, ovviamente dalla Russia dove si immaginava che si fosse rifugiato.
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