Gli esuli istriani protestano a Strasburgo

Oggi manifesteranno per chiedere il riconoscimento dei diritti cancellati e l’avvio di un arbitrato internazionale

Fausto Biloslavo

Dopo sessant’anni gli esuli istriani non demordono: oggi protesteranno davanti all’europarlamento di Strasburgo riunito in sessione plenaria. «No all’esilio, sì al ritorno», oppure «Italia-Slovenia-Croazia: VII comandamento, non rubare le case degli esuli», sono gli slogan che innalzeranno su grandi cartelli per chiedere alle istituzioni europee il riconoscimento dei loro diritti cancellati. Dopo la fine della seconda guerra mondiale 350mila italiani furono costretti all’esodo dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia grazie alle violenze e agli abusi dei partigiani jugoslavi del maresciallo Tito. La stragrande maggioranza perse tutto, a cominciare dalla casa, ma i più sfortunati furono internati nei paurosi lager titini o sparirono per sempre nelle foibe, le cavità carsiche utilizzate come fosse comuni.
La manifestazione di protesta, organizzata dall’Unione degli istriani, una delle più combattive associazioni degli esuli, con sede a Trieste, ha raccolto diverse adesioni. I rigidi protocolli di sicurezza dell’europarlamento avevano inizialmente ammesso la presenza di 350 manifestanti, ma le adesioni alla trasferta di protesta a Strasburgo hanno già raggiunto quota 418. Arzilli vecchietti, giovani figli di esuli, diverse donne originarie dell’Istria sono pronte a innalzare cartelli e intonare slogan per due ore, il tempo concesso dalla sicurezza.
Pochi giorni prima della manifestazione il numero degli esuli che sarà ammesso a protestare pacificamente è stato drasticamente ridotto a 150 persone. «Forse hanno paura di noi. Evidentemente si sono stupiti che dopo sessant’anni siamo ancora decisi a batterci per i nostri diritti», sostiene ironico Massimiliano Lacota, il giovane presidente dell’Unione degli istriani.
L’iniziativa ha degli obiettivi ben precisi: prima di tutto «l’annullamento degli accordi italojugoslavi», come quello famigerato di Osimo, che ha messo una pietra tombale sulle rivendicazioni degli esuli. Accordi ritenuti nulli perché violerebbero il trattato di pace del 1947. La seconda richiesta riguarda «la restituzione immediata ed incondizionata da parte di Slovenia e Croazia dei beni illegalmente sottratti agli esuli» dal regime comunista titino. Infine sarà lanciata la proposta di «un arbitrato internazionale europeo, con la partecipazione degli esuli istriani», che affronti il nodo spinoso dei beni abbandonati e della giustizia negata ai profughi italiani.
Di fronte ad una fase di stallo dei negoziati bilaterali con la Croazia e al fallimento di quelli con la Slovenia, sul nodo dei beni, gli esuli si appellano all’Europa. Forse già in febbraio ci sarà un incontro con il Commissario all’allargamento, Olli Rehn, a Bruxelles, che ha sul suo tavolo il dossier croato, mentre la Slovenia è di fatto entrata nell’Unione europea. Alla manifestazione hanno aderito 35 europarlamentari, compresi olandesi e francesi.

Fra gli italiani, Luca Romagnoli della Fiamma tricolore, Mario Borghezio della Lega Nord e Roberta Angelilli di Alleanza nazionale. Al caso si è interessato anche l’ex ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, vicepresidente della Commissione europea.

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