Economia

Eurolandia, la disoccupazione tocca i massimi da 10 anni

Il tema dell’abbandono delle misure straordinarie di contrasto alla crisi sarà al centro del prossimo vertice del G20, previsto a fine mese a Pittsburgh. Sarà un dibattito anche aspro, soprattutto sui tempi dell’exit strategy, ma - forzatamente - non potrà ignorare un fenomeno comune a tutte le economie più industrializzate, quello della disoccupazione montante. Negli Usa, dove a spasso è il 9,4% della popolazione attiva, è la sfida più temibile per un Barack Obama in deficit di consensi; nell’euro zona è un nodo che si è fatto molto stretto nell’ultimo anno, fino a portare il tasso dei senza lavoro, come rivelato ieri da Eurostat, dal 9,4% di giugno al 9,5% di luglio, cioè ai massimi da 10 anni.
Si tratta di un segnale ovviamente da non sottovalutare, anche se da tempo gli economisti spiegano che l’effetto dei provvedimenti di stimolo si rifletterà con ritardo sul mercato del lavoro. Le previsioni indicano infatti un ulteriore peggioramento almeno fino alla metà del 2010, anno in cui secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale, l’economia globale riprenderà a crescere del 3% contro il +2,5% stimato in luglio. Per ora, però, le cifre sull’occupazione non sono rassicuranti. In 12 mesi, da luglio 2008 al luglio di quest’anno, è stato di due punti percentuali secchi l’aumento del tasso di disoccupazione, a conferma del potere distruttivo della recessione. A conti fatti, in appena un anno la crisi ha allungato di 3,2 milioni di unità le file dei disoccupati in Eurolandia, nel complesso superiori ai 15 milioni, e di oltre 5,1 milioni nell’intera Ue (21,7 milioni in totale), dove a essere privo di un posto è il 9% della popolazione attiva. Il quadro all’interno del Vecchio continente è tuttavia disomogeneo. Ci sono Paesi in cui la disoccupazione è tutto sommato fisiologica considerato il ciclo economico, come l’Olanda (3,4%), l’Austria (4,4%) e Cipro (5,5%); altri, invece, sono in piena emergenza lavoro. Soprattutto la Spagna (18,5%), che paga a caro prezzo lo scoppio di quella bolla immobiliare su cui si reggeva il boom degli anni scorsi.
La situazione in Italia è ferma ai dati del primo trimestre (7,4%), ma le cifre rese note ieri dall’Istat mostrano come nelle grandi imprese la situazione non si sia ancora stabilizzata. In giugno, la perdita di posti di lavoro rispetto a maggio è stata dello 0,3% al netto dei dipendenti in cassa integrazione e del 4,2% su base annua, con punte del 9,7% (sempre al netto della cig) nell’industria, dove nel mese di maggio la variazione era stata ancor più negativa (9,8%). In un momento di contrazione economica, le imprese hanno inoltre fatto un uso intensivo degli ammortizzatori sociali. Proprio il ricorso alla cassa integrazione ha toccato in giugno il livello massimo da quando l’istituto di statistica ha inaugurato nel 2000 la serie storica che misura l’incidenza della cassa sul totale delle ore lavorate.

Ma per i sindacati l’emergenza lavoro rende necessaria la convocazione urgente di un vertice tra governo, Regioni e parti sociali.

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