Mercoledì scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con cui invita gli Stati membri a equiparare le coppie omosessuali a quelle eterosessuali, e condanna come omofobici gli Stati che si oppongono al riconoscimento delle coppie omosessuali. Lepisodio, che conferma la deriva autoritaria da tempo rilevabile nelle istituzioni europee, merita alcuni commenti.
In primo luogo il Parlamento europeo non ha competenza alcuna in materia di diritto di famiglia, come peraltro non ce lha nemmeno lUnione europea in quanto tale. Dal momento che la divisione dei poteri, e dunque il rispetto delle competenze, è un pilastro della democrazia, la pretesa dellassemblea di Strasburgo di prendere posizione in proposito è molto preoccupante, e andrebbe perciò contestata fermamente. Già in Italia siamo alle prese con una crisi istituzionale che vede il Parlamento sempre più esautorato da giudici che si ergono a uomini di governo, sindacati che pretendono di concordare direttamente con il governo le leggi che li interessano, e anchor men televisivi che sottraggono alle aule parlamentari la loro funzione di sedi del dibattito politico. Se a questo si aggiunge un Parlamento europeo che non si fa gli affari suoi cè da temere che la vita pubblica finisca per trasformarsi in un catastrofico carnevale permanente.
In secondo luogo cè da dire sulla sostanza della risoluzione, e quindi sulla sua natura sostanzialmente autoritaria. La definizione di «omofobico» appioppata a chiunque non sia disposto ad accettare che la sessualità secondo natura e la sessualità contro natura vengano messe incondizionatamente sulla stesso piano ha un chiaro obiettivo: quello di bloccare a priori qualsiasi dibattito sulla materia. La filosofia del gay pride è soltanto una delle varie risposte possibili al dramma dellomosessualità, e a mio avviso è la peggiore. Al di là questo non è comunque lunica risposta. Brandendo invece il manganello del gay pride si pretende di imporla a tutti come obbligatoria. Siamo insomma di fronte a una nuova forma di squadrismo. Esiste piuttosto unaltra posizione, quella di chi considera che lomosessualità sia un handicap, e quindi lomosessuale sia una persona che merita il rispetto, le attenzioni e latteggiamento non discriminante dovuti rispettivamente a chiunque sia portatore di un handicap. Questo senza la pretesa che, in nome delle pari opportunità, tutti debbano fare come se fossero handicappati.
In terzo luogo lepisodio suona come un nuovo campanello dallarme di fronte ai tentativi che da varie parti si stanno facendo per riesumare il progetto di trattato costituzionale elaborato dalla Convenzione europea e poi non a caso battuto negli unici due referendum popolari cui venne sottoposto.
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