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Europa, già sventate quindici stragi di massa

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Fausto Biloslavo

Almeno quindici attacchi dei terroristi islamici in Europa, che avrebbero potuto provocare stragi di massa, sono stati sventati dal 2000 a oggi. Non solo: i terroristi che operano in Europa fanno parte della prima o seconda generazione di immigrati dai Paesi islamici, usano le stesse tattiche del manuale di Al Qaida sequestrato nel 2000 a Manchester, in Inghilterra e distribuito alle cellule su cd. I più esperti si sono fatti le ossa nelle scuole coraniche e nei campi di addestramento del Jihad in Pakistan e Afghanistan.
I servizi segreti e le polizie dell’Europa occidentale hanno sventato almeno quindici e probabilmente fino ad una trentina di attacchi terroristici che avrebbero provocato stragi di massa ha rivelato il Jane’s terrorism and insurgency centre, una sezione della famosa rivista della Difesa britannica. Gli obiettivi sono stati indicati nel comunicato dell’ottobre del 2002 di Ayman Al Zawahiri, il numero due di Al Qaida, che per la prima volta includeva i Paesi europei.
La rivista inglese pubblica uno studio su alcuni piani sventati a cominciare dal più famoso, che riguarda il complotto per far esplodere la cattedrale di Strasburgo. La cellula di estremisti algerini era stata reclutata in Europa e addestrata nei campi afghani di Al Qaida. Il piano aveva cominciato a prendere forma nella base di Jalalabad. Per la stessa base sono passati anche dei militanti islamici provenienti dall’Italia, oggi detenuti a Guantanamo. Gli algerini appartenevano al sanguinario «Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento» (Gspc) e facevano riferimento a Londra ad Abu Doha. Quest’ultimo è uno dei predicatori vicini ad Al Qaida, che aveva contatti anche con la filiera algerina e tunisina di Milano, specializzata in documenti falsi. Abu Doha è in carcere, in attesa dell’estradizione verso gli Stati Uniti.
Quando l’antiterrorismo ha fatto irruzione nei covi della cellula algerina di Strasburgo oltre ad armi e una videocassetta con un filmato sulla cattedrale sequestrò componenti e istruzioni, giunte da Londra, che servivano a confezionare una rudimentale bomba chimica.
In Germania, invece, nell’aprile del 2002 i servizi scoprirono una cellula composta da giordani e palestinesi del gruppo Al Tawhid, la formazione originaria di Al Zarqawi. Il piano era colpire obiettivi ebraici, come le sinagoghe soprattutto a Berlino e Düsseldorf. «Al Zarqawi gestiva in prima persona l’operazione e dava ordini per telefono o attraverso incontri in Afghanistan e Iran» scrive Jane’s. La cellula si finanziava anche con le tasse islamiche imposte ai negozianti musulmani.
Un altro successo dell’antiterrorismo in Europa riguarda la cosiddetta «rete Beghal», che prende il nome dal suo capo, il franco-algerino Jamal Beghal. Molti dei suoi uomini avevano sposato donne europee ed assimilato gli usi e costumi occidentali. Della rete faceva parte anche un giocatore professionista del campionato tedesco. Gli operativi avevano già effettuato perlustrazioni attorno all’ambasciata americana a Parigi e alla base americana di Klein Brogel, in Belgio, che volevano colpire con un attacco kamikaze, prima di venir scoperti.
«Il piano di un gruppo di terroristi algerini di attaccare l’ambasciata russa a Parigi, nel dicembre del 2002, rappresenta uno dei migliori esempi della globalizzazione della Jihad» scrive Jane’s. Il caso riguarda un gruppo di islamici che vivevano in Francia, ma decisero di andare a combattere in Cecenia alla metà degli anni novanta. L’obiettivo era l’ambasciata russa, come vendetta per l’uccisione dei terroristi ceceni che avevano sequestrato il teatro Dubrovka a Mosca. Il capo della cellula indossava perfetti abiti occidentali e si era tagliato la barba islamica per non insospettire.

Durante il blitz, che ha portato alla cattura dei terroristi la polizia sequestrò delle istruzioni sulle armi biologiche.

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