
nostro inviato a Copenhagen
Dopo il Consiglio Ue informale di mercoledì, ieri Copenaghen ha ospitato la settima riunione della Comunità politica europea, una piattaforma di confronto istituita nel 2002 su input di Emmanuel Macron all'indomani dell'invasione russa dell'Ucraina. È un format giovane e che non ha poteri decisionali, certo. Però dei 44 leader del Vecchio continente - quindi non solo l'Unione europea - quasi nessuno ha sentito l'esigenza di mettere tra gli argomenti all'ordine del giorno anche la vicenda della Global Sumud Flotilla e il blitz dell'esercito israeliano che la scorsa notte ha bloccato a 70 miglia da Gaza le 44 imbarcazioni di attivisti pro-Pal e le tonnellate di aiuti umanitari che trasportavano. Un tema che al Bella Center di una Copenaghen battuta da un sole quasi estivo non è sul tavolo, al punto che già alle nove di mattina la padrona di casa Mette Frederiksen lo dice chiaramente. «Non parleremo di Gaza e della Flotilla, ma di migrazione, economia e competitività», spiega la premier socialdemocratica danese al suo arrivo al vertice della Cpe.
E in effetti sono davvero in pochi i leader che spendono parole di sostegno all'iniziativa della Flotilla. Lo spagnolo Pedro Sanchez è certamente il più netto e dice che «il governo spagnolo è con loro dal primo minuto». Dello stesso tenore le parole del premier norvegese Jonas Gahr Store, che invita Israele a «rispettare il diritto internazionale» e «trattare la questione con cautela» perché la vicenda «dimostra che abbiamo disperatamente bisogno di aiuti per Gaza». A Copenaghen finiscono quì le dichiarazioni a sostegno della Flotilla, al netto del premier irlandese Michael Martin (che però si limita a dire che «se l'abbordaggio è avvenuto in acque internazionali allora è illegittimo») e della portavoce della Commissione Ue Eva Hrncirova che in un briefing con la stampa a Bruxelles non va oltre una condanna molto velata («abbiamo sempre ripetuto che il diritto internazionale umanitario deve essere rispettato e questo vale anche per il diritto internazionale della navigazione in mare»).
Sulla questione, al suo arrivo al vertice Cpe, interviene invece in maniera decisa Giorgia Meloni. «Continuo a ritenere - dice - che tutto questo non porti alcun beneficio al popolo della Palestina, in compenso mi pare di capire che porterà molti disagi al popolo italiano». La premier - che a margine della Cpe ha avuto un bilaterale con il cancelliere tedesco Friedrich Merz focalizzato su Ucraina, Medio Oriente e automotive - ribadisce come il governo italiano si sia speso per i palestinesi. «Siamo la nazione non islamica - dice - che ha evacuato più persone da Gaza per essere curate nei propri ospedali e siamo una delle prime nazioni al mondo per consegna di aiuti». Meloni premette che l'esecutivo «farà tutto quello che può» perché gli attivisti italiani «possano tornare in Italia il prima possibile». Ma poi affonda il colpo sul segretario Cgil Maurizio Landini e sulla decisione di convocare per oggi lo sciopero generale. «Mi sarei aspettata che almeno su una questione che reputavano così importante i sindacati non avessero indetto uno sciopero generale di venerdì. Perché - aggiunge con non poco sarcasmo - il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme». La replica delle opposizioni arriva a stretto giro. «Molli la clava e provi a fare la presidente del Consiglio di questo Paese», attacca la segretaria del Pd Elly Schlein. «Meloni non si pone il problema di chi ha la responsabilità degli scioperi e delle manifestazioni? Forse nei libri di storia gli scioperi, i cortei e la missione Flotilla ci salveranno l'onore», replica il leader M5s Giuseppe Conte.
La premier, invece, è fermamente convinta che Flotilla sia un'iniziativa controproducente, soprattutto nelle ore in cui si sta discutendo il piano di pace di Donald Trump che poggia evidentemente su equilibri fragili. Meloni la vede come la migliore possibilità per arrivare a una tregua a la questione potrebbe essere sul tavolo di un possibile e imminente faccia a faccia con il presidente americano. Da tre giorni a questa parte, infatti, l'ambasciata italiana a Washington ritiene altamente probabile che Meloni partecipi al 50esimo anniversario della National Italian American Foundation (Niaf) che si terrà il 18 ottobre nello storico Washington Hilton Hotel al 1919 di Connecticut Avenue.
Come di consueto, durante il gala verranno premiati esponenti italiani e italoamericani (tra cui Andrea Bocelli) e alla serata sono stati invitati sia Meloni che Trump. Di certo, sarà presente una fitta delegazione di Fratelli d'Italia, composta da deputati, senatori ed europarlamentari.