Corte Ue: "Giudici valutino Paesi sicuri". Il governo replica: "Rivendicati spazi che non competono"

Per la Corte di Giustizia i Paesi sicuri devono poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo

Corte Ue: "Giudici valutino Paesi sicuri". Il governo replica: "Rivendicati spazi che non competono"
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La Corte di Giustizia Ue, esprimendosi sul protocollo Italia-Albania e sulla definizione di Paesi sicuri, ha stabilito che un Paese Ue "può designare Paesi d'origine sicuri mediante atto legislativo, a patto che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo". Secondo i giudici, infatti, il cittadino di un Paese terzo può vedere respinta la sua domanda di protezione internazionale in esito a una procedura accelerata di frontiera qualora il suo Paese di origine sia stato designato come "sicuro" ad opera di uno Stato membro.

Ma, a questo punto, la Corte ha precisato che la designazione può avvenire mediante atto legislativo a patto che il controllo giurisdizionale avvenga sul rispetto dei criteri sostanziali stabiliti dal diritto dell'Unione. Inoltre, ha aggiunto la Corte, le fonti di informazione su cui si fonda tale designazione devono essere accessibili al richiedente e al giudice nazionale. "Il giudice del rinvio sostiene che, contrariamente al regime normativo precedente, l'atto legislativo dell'ottobre 2024 - per il quale vengono designati i Paesi di origine sicuri dall'Italia - non precisa le fonti di informazione sulle quali il legislatore italiano si è basato per valutare la sicurezza del Paese", si legge nel documento.

Quindi, i giudici europei sostengono che un Paese per essere definito sicuro deve garantire una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione. La Corte precisa che questa condizione è valida fino all'entrata in vigore del nuovo regolamento Ue, "che consente di effettuare designazioni con eccezioni per alcune categorie chiaramente identificabili di persone", atteso il 12 giugno 2026. Tuttavia, "il legislatore Ue può anticipare la data" ed è questo l'obiettivo che ora stanno cercando di raggiungere i Paesi dell'Ue.

"Sorprende la decisione della Corte di Giustizia Ue in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali. Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche", si legge in una dura nota di Palazzo Chigi. "La Corte di Giustizia Ue decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari. Così, ad esempio, per l'individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano, si legge ancora nel comunicato, in cui viene messo in evidenza che questa impostazione "dovrebbe preoccupare tutti -incluse le forze politiche che oggi esultano per la sentenza- perché riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia dei Governi e dei Parlamenti nell'indirizzo normativo e amministrativo del fenomeno migratorio".

La decisione della Corte, prosegue la nota, "indebolisce le politiche di contrasto all'immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali. È singolare che ciò avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi: un Patto frutto del lavoro congiunto della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell'Unione europea". Il governo italiano, conclude Palazzo Chigi, "per i dieci mesi mancanti al funzionamento del Patto europeo non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile, tecnica o normativa, per tutelare la sicurezza dei cittadini". Sara Kelany, deputato di Fratelli d'Italia e responsabile del dipartimento Immigrazione del partito, ha sottolineato che l'affermazione della Corte Ue va "contro il parere di molti altri Stati Ue e della stessa Commissione". Secondo il formato previsto dai giudici europei, quindi, "le politiche migratorie vengono delegate al potere giudiziario. È una assurdità antidemocratica che rischia di bloccare il sistema di rimpatri di tutta l'Unione europea.

La sinistra che - come da tradizione - esulta per il trionfo della burocrazia sulla politica e invoca il presunto fallimento dell'accordo Italia Albania dimentica che questo è totalmente in linea con la nuova normativa Ue, che, come ricorda la stessa Corte nella sentenza entrerà in vigore al più tardi nel giugno 2026 e prevede espressamente la facoltà di designare Paesi sicuri con eccezioni territoriali e per categorie di persone".

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