"Lì trattamenti disumani". Il compagno "Gino" rifiuta l’estradizione in Ungheria

Rexhino Abazaj, noto come Gino, si è dichiarato innocente per le accuse delle autorità ungheresi. L'avvocato: "Bloccare l’ingranaggio del mandato di arresto europeo"

 Rexhino "Gino" Abazaj
Rexhino "Gino" Abazaj
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Rexhino Abazaj, detto Gino, militante antagonista e compagno di barricate di Ilaria Salis, con la quale ha condiviso numerose azioni discutibili ai tempi dei centri sociali, resterà in carcere a Parigi. Si trova attualmente nel carcere di Fresnes, nell'omonima banlieue parigina, e potrebbe restarvi almeno fino al prossimo 18 dicembre, quando è prevista la prossima udienza, con l'intervento della difesa. Quella di ieri è stata un'udienza tecnica, necessaria a conoscere la volontà dell'imputato in merito alla richiesta ungherese di estradizione. "Sono innocente", ha dichiarato Gino, opponendosi alla consegna alle autorità magiare.

Abazaj si trova in carcere per l'esecuzione di un mandato di cattura internazionale spiccato dall'Ungheria per i fatti del febbraio 2023, quando un gruppo di antagonisti di estrema sinistra si è recato a Budapest in occasione del "Giorno dell'onore", manifestazione organizzata dall'estrema destra ungherese. Gino è imputato nello stesso processo di Salis e per entrambi l'accusa è di aver partecipato all'aggressione di alcune persone, malmenate per il solo fatto di essere militanti della parte politica opposta a loro. Prima del 18 dicembre è possibile che gli avvocati di Abazaj, di origine albanese, da anni residente in Italia ma senza cittadinanza a causa delle segnalazioni di polizia, chiedano per lui gli arresti domiciliari. In occasione della prossima udienza, i legali di Abazaj potranno avanzare le proprie domande, "in particolare sul rischio di trattamenti disumani e degradanti e sul rispetto del diritto a un giusto processo". Così ha spiegato uno dei legali difensori, Youri Krassoulia, sottolineando che quei criteri "possono incidere sulla procedura del mandato d’arresto europeo".

L'arresto di Abazaj, stando a quanto riferisce il Manifesto riportando le parole dell'avvocato Laurent Pasquet-Marinacce, parte anche lui del collegio difensivo piuttosto nutrito dell'imputato, sarebbe avvenuto a opera della Sdat, la sezione antiterrorismo della polizia francese, "sulla base di intelligence proveniente da un paese alleato". Lo stesso legale ha tracciato anche la road map dei prossimi interventi e obiettivi: "Dobbiamo in qualche modo bloccare l’ingranaggio del mandato di arresto europeo". La strada per raggiungere questo scopo è sempre la stessa, quella che è stata intentata per Salis e che è risultata vincente per Gabriele Marchesi in Italia: sollevare dubbi davanti alla Corte francese in merito alle condizioni di detenzione in Ungheria e in merito alla presunta violazione del diritto a un giusto processo. A detta della difesa le pene nel Paese di Orban sarebbero "spropositate" rispetto alle accuse. Uno spartito già consumato in queste settimane da Salis, nel tentativo di evitare la revoca dell'immunità parlamentare.

Nel frattempo, l'esponente di Avs si sta esponendo per Gino, sia per solidarietà che per tornaconto personale: se la Francia dovesse concedere l'estradizione, per lei sarebbe più complicato mantenere i privilegi politici che impediscono all'Ungheria di mandarla a processo.

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