Eventi e feste, ma dietro le quinte c’è il caos

Mobilità vicina al collasso, scontri etnici nelle periferie, la gestione dei campi nomadi che costa milioni di euro

Claudio Pompei

da Roma

«Meno feste del cinema, meno notti bianche e più investimenti per garantire la sicurezza dei passeggeri». Questo monito al sindaco di Roma Walter Veltroni è risuonato a più riprese nelle ultime ore, specialmente da parte delle associazioni degli utenti e dei consumatori. Ma è anche - e soprattutto - ciò che pensano moltissimi romani, anche quelli che lo hanno votato alle ultime elezioni. Basta sintonizzarsi sulle tv locali - che hanno dedicato ampi servizi al pauroso incidente nella stazione della metropolitana di piazza Vittorio - per rendersi conto che non si tratta di semplici sfoghi qualunquistici. La gente ha davvero paura e comincia a rendersi conto che dietro la politica del panem et circenses c’è il vuoto pneumatico.
Da quando fa il sindaco di Roma, Veltroni si è dotato di una macchina comunicativa eccezionale: il suo staff di addetti stampa è abilissimo nel propagandare ogni evento promosso dal primo cittadino e lo tiene al corrente perfino della presenza di giornalisti, fotografi e cineoperatori in occasione di inaugurazioni, convegni ecc... Questa impeccabile organizzazione consente a Veltroni di essere sempre presente sull’attualità: dalla fame nel mondo alla pace e al dialogo interreligioso, dal Medio Oriente al rispetto dei diritti umani. E poi non manca mai alla festa di compleanno di qualche arzilla concittadina ultracentenaria (purché, ovviamente, ci siano le telecamere accese), così come è sempre pronto a ricevere in Campidoglio la malcapitata vittima di qualche fattaccio di cronaca nera. Il balcone del suo studio privato in Campidoglio, dal quale si gode un suggestivo scorcio dei Fori, è meta continua di visite di vip della politica, dello sport e dello spettacolo.
Veltroni, inoltre - anche questo è noto -, si occupa di cinema, fa il doppiatore per gioco e scrive libri e romanzi sul serio. Ecco perché, se si considerano tutte queste attività, forse gli resta poco tempo per occuparsi in prima persona dei problemi della città. Cioè delle questioni che dovrebbero competergli ratione muneris. Ma anche in questo campo il sindaco è bravissimo a delegare e può contare sulla preziosa collaborazione di un capo di gabinetto onnipresente e di un certo numero di assessori che eseguono le sue direttive in ogni settore.
Nonostante ciò, dietro la facciata delle feste e dei megaconcerti, Roma è una città che non riesce a risolvere i suoi problemi, molti dei quali si sono ormai incancreniti. Quello della scarsa sicurezza del trasporto, emerso tragicamente l’altro ieri con l’incidente della metropolitana, è solo la punta di un iceberg. La politica seguita negli ultimi tredici anni da Veltroni e dal suo predessore Rutelli ha prodotto ulteriori effetti negativi: è drasticamente calato il numero degli utenti di bus e tram e la situazione finanziaria delle aziende Atac, Trambus e Met.Ro è vicina al collasso. Nonostante due recenti ricapitalizzazioni votate dal Consiglio comunale, c’è stato bisogno di un maxi-prestito erogato dalla Cassa depositi e prestiti.
Legato al flop dei trasporti, c’è l’eterno caos del traffico: negli ultimi anni non si è realizzata nessuna opera viaria e il Campidoglio ha puntato esclusivamente alla realizzazione di un ambizioso piano di parcheggi sotterranei costruiti da privati e venduti a privati, senza posti auto a rotazione. La viabilità non ci ha guadagnato nulla. E poi bastano due gocce di pioggia per creare ingorghi e intasamenti perfino nelle periferie.
Un’altra preoccupante questione è quella della difficile convivenza tra diverse etnie e tra romani e immigrati. I recenti fatti del Trullo, dov’è esplosa la rabbia degli abitanti del quartiere, ne è la più evidente dimostrazione. La politica del melting pot che tanto piace a Veltroni ha creato una serie di pericolosi ghetti urbani: l’Esquilino trasformato nella più grande Chinatown d’Italia, fatta di megastore fuorilegge che crescono come funghi al di fuori di ogni regola. Le periferie lungo la Casilina ridotte a suk orientali dove ormai esistono solo call center e internet point, punti di riferimento delle diverse etnie che egemonizzano i quartieri.
Non ultima, l’emergenza casa: in questo settore spadroneggiano gli attivisti di Action guidati da Nunzio D’Erme, il no global plurindagato che Veltroni aveva addirittura nominato suo delegato al bilancio partecipato, salvo poi togliergli l’incarico in seguito all’episodio del letame davanti a Palazzo Grazioli. Questi «disobbedienti» si fanno beffe di ogni regola e perfino della graduatoria della commissione prefettizia e «okkupano» a loro piacimento qualunque immobile si liberi, impedendo così a chi ne ha davvero diritto, di vedersi assegnare una casa popolare, magari dopo dieci anni di attesa.


Ma il vero tallone d’Achille del sindaco è la gestione dei campi nomadi: sono una sessantina, tra grandi aree sosta e piccoli insediamenti, per la maggior parte abusivi. Non si contano i milioni di euro spesi negli ultimi anni dal Campidoglio con l’unico risultato di spostare il problema da una parte all’altra della città senza mai risolverlo.

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