Cultura e Spettacoli

EVVIVA CHI BEFFA I SONDAGGI

Evviva quelli che beffano i sondaggisti. Che votano in un modo e poi dicono di aver votato in un altro. Che prima di votare preannunciano un tipo di voto ma poi ci ripensano. Che dopo aver votato si rifiutano di dire «per chi». Che mandano in tilt gli exit poll. Che si fingono antiberlusconiani dovunque e dappertutto, in ufficio e magari persino in famiglia e poi, zac, sul più bello decidono che «si fa ma non si dice». Che ne hanno abbastanza di essere interrogati su tutto e su tutti persino in occasione del voto, recuperandone quell'aspetto segreto e personale che un tempo era sinonimo di reticenza pudibonda ma che ora, di fronte all'invadenza di chi si impiccia continuamente nella vita altrui, andrebbe finalmente rivalutato. Evviva quelli che costringono Renato Mannheimer, nella puntata di martedì di Porta a porta, ad allargare finalmente le braccia e a dire che bisognerebbe fare un seminario di studi sul perché così tanti intervistati, in misura maggiore ad ogni consultazione elettorale, diventano inaffidabili di fronte all'interrogazione (l'ennesima) di un sondaggio. Evviva evviva evviva. Evviva questo nuovo, galoppante fenomeno di depistaggio mediatico, l'aspetto più divertente a suggello di una tornata elettorale senza precedenti. Evviva quelli che si rifiutano di mettere le proprie opinioni al servizio del «servizio opinioni», e di intrupparsi nel folto esercito di chi si sa già cosa farà, come la pensa, come si comporterà. Evviva la democrazia che consente, tra i suoi privilegi, pure quello di gabbarsi della petulanza di chi ti fa la posta anche davanti a un seggio elettorale. Evviva le risposte di coloro che nei sondaggi vengono derubricati alla voce: non sa, non risponde. E che finora sembravano appartenere all'ibrida schiera degli ignavi, a una sorta di confraternita di indecisi perenni. E che invece, probabilmente, si riservano semplicemente il diritto di non avere sempre e subito una risposta per tutto, da mettere immediatamente in circolo ad uso e beneficio della società della comunicazione, senza poterne peraltro mai spartire i ricavi. Evviva questi cani sciolti del libero arbitrio della scelta elettorale, atto da spartire con la propria coscienza e non insieme a uno sconosciuto sondaggista, armato di carta e penna o di telefono o di qualunque altro strumento di indagine. Se d'ora in avanti avremo un po' meno fiducia acritica nella miriade di sondaggi quotidiani che pretendono di misurare ogni azione e intenzione traducendoli in un numero, dovremo ringraziare tutti questi libertari orgogliosi e dispettosi, che per una ragione o per l'altra hanno sparigliato le carte.

Evviva chi sa che nella cabina elettorale «Dio ti vede» (come si diceva una volta) ma un sondaggista non ancora.

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