«Ex Cirielli, mancano fondi per le carceri»

Il ministro: «Con la nuova legge c’è rischio di sovraffollamento». I Ds: «Incapace di gestire la macchina giudiziaria». Landolfi: «No, è la prova che le pene sono più severe»

da Roma
L’allarme più grave dopo l’approvazione della ex-Cirielli (si potrebbe ormai togliere l’ex visto che il suo autore originale, senatore Edmondo Cirielli, riconosce nella legge approvata il suo impianto originario) viene lanciato dal ministro di Giustizia, Roberto Castelli. «Avremo con questa legge migliaia di detenuti in più. Non potremo fronteggiare la situazione se non verranno stanziati fondi aggiuntivi» afferma il ministro ai margini della presentazione del libro di Stefano Zurlo, «L’uomo sbagliato. Il caso Barillà». Batte cassa quindi il guardasigilli preoccupato dell’applicazione di una legge che, messa da parte la questione Previti e tutti i processi avviati in fase di giudizio, prevede un rafforzamento delle pene per i recidivi.
«A medio termine, secondo una stima attendibile - ribatte il guardasigilli - ci sarà un aumento di migliaia di detenuti». E considerato il superaffollamento attuale delle carceri, la situazione si prospetta sempre più difficile. «Se non si provvede come chiedo da mesi - minaccia Castelli - non mi assumo la responsabilità di ciò che potrà accadere».
«A sentire Castelli - ribatte il senatore Massimo Brutti, responsabile giustizia dei Ds - sembrerebbe che il ministro si renda conto del problema solo oggi, dopo che la legge è stata approvata. Ma se le carceri scoppiano il solo ad averne tutta la responsabilità politica è lui». Fa eco Oliviero Diliberto: «È uno scandalo fare delle leggi senza prevedere le risorse. Questa legge - aggiunge il segretario del Pdci - è stata fatta per salvare i ricchi e colpire i più deboli». Duro commento anche da parte di Giorgio Fanfani, responsabile giustizia della Margherita: «Un ministro che dichiara di non essere in grado di prevedere gli effetti di una legge che anche lui ha fortemente voluto, i cui articoli più severi sono stati voluti proprio dal suo partito, dimostra di essere sostanzialmente incapace di gestire il sistema giustizia».
A difesa della legge scende in campo invece il ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi: «La sinistra ha sempre criticato la legge per altri motivi. Adesso che quei motivi ora non ci sono più, continuano a criticarla. Vuol dire che erano critiche preconcette». A chi chiama in causa un conseguente aumento del numero dei detenuti Landolfi risponde: «È la conseguenza del fatto che ci saranno pene più severe. Bisogna riflettere su questo». Convinto che con l’attuale situazione giudiziaria saranno moltissimi i processi che andranno in prescrizione, visto che non si è ancora provveduto ad accelerare i tempi processuali, è il segretario dell’Anm di Milano, Paolo Carfì, che denunzia l’assoluta inadeguatezza dei mezzi necessari al buon e veloce andamento della giustizia, mentre da Palermo Francesco Rutelli (forse impressionato dai manifesti con lo slogan «la Mafia fa schifo» con cui il presidente Cuffaro ha riempito le strade siciliane) ha una sola lapidaria affermazione: «La ex-Cirielli è una schifezza».
Un ragionamento completamente diverso viene dal pm veneziano Carlo Nordio: «Questa legge non è devastante come si sostiene da sinistra, ma non è utile come si dice da destra». Per il consulente del ministro della Giustizia per la riforma del Codice penale, la ex-Cirielli non cambierà quasi nulla: «La situazione della giustizia resterà com'è ora perché gli interventi radicali di cui ha bisogno sono altri e di tutt'altra natura». Per tentare di risolvere i problemi della giustizia, per Nordio, ci vuole «la depenalizzazione radicale, la discrezionalità dell'azione penale, la riduzione dei bizantinismi e formalismi che sono stati introdotti negli ultimi dieci anni».

Non solo ma anche «lo snellimento delle procedure, la limitazione dei mezzi di impugnazione, visto che sono state allargate le garanzie nella fase delle indagini e nelle fasi del dibattimento di primo grado, e in definitiva tutti gli accorgimenti che rendono più rapido il processo accusatorio come avviene là dove è nato e cioè nei Paesi anglosassoni».

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