La ex-Cirielli? Ora è una legge forcaiola

Contestata come «Salva-Previti» e «ammazza processi», la legge è giudicata repressiva da «Liberazione»: «Fa giustizia di classe»

da Roma

L’argomento sarà pure spinoso, chi lo nega. Ma in mesi e mesi di dibattito parlamentare e sui giornali, nessuno ha sentito levarsi una voce autorevole, nessuno ci ha speso un’ora di riflessione. L’ha fatto ieri il quotidiano Liberazione, in prima pagina. Avendo il pregio, almeno, di dare il nome alle cose e ristabilire un profilo alto allo stucchevole tira-e-molla sulla «ex Cirielli». Altro che legge salva-Previti, salva-ladri, allarga-prescrizioni e ammazza-processi come gran parte dell’opposizione ha bollato il provvedimento. «Chissenefrega di Previti, è una legge di classe e forcaiola», ha commentato il quotidiano di Prc.
L’editoriale a firma di Giulio Salierno, sia pure in un’ottica dichiaratamente provocatoria, getta luce sulle note ossessioni di cui è preda il centrosinistra. Ossessioni giustizialiste o, forse, soltanto monopolizzate dalla voglia di colpire il berlusconismo nel suo amico sotto processo, Cesare Previti. Guardando il dito sfugge la luna, e la luna per il quotidiano comunista ha un nome antico: «Giustizia di classe». Concetto ormai del tutto alieno da gran parte dell’Unione, postcomunista e non solo.
L’effetto della «ex Cirielli», rileva Salierno, sarà sostanzialmente uno: «il prevedibile aumento della popolazione detenuta». E nelle prigioni «senza scampo» ci finiranno - sostiene l’autore - quelli di sempre: «i marginali, gli esclusi, gli immigrati irregolari». Sì, ci saranno pure tempi di prescrizione dimezzati «per i delitti dei colletti bianchi, quelli tributari o dei bancarottieri», ma ciò che preoccupa davvero - rilevano i rifondatori in perfetta solitudine - è piuttosto che la legge «raddoppia di fatto le pene per i reati di strada (scippi, rapine, ecc.) compiuti da recidivi: marginali e immigrati irregolari condannati dalla vita che conducono al reato come fonte di sopravvivenza». Una specie di «bolla d’infamia», insomma, che accompagnerà chi ha sbagliato e continua a sbagliare, impedendone per sempre quel reinserimento nella società che pure la Costituzione prescrive per tutti, senza distinzioni di sorta, all’articolo 27.
Sarà pure un punto di vista provocatorio e sociologico come non si sentiva da tempo. Ma stringente è la critica a un’opposizione che non si è mai «accorta delle norme penali e penitenziarie, eccessivamente, drammaticamente repressive» che la «ex Cirielli» introduce nei confronti dei condannati recidivi.

«I giovani non garantiti, i sottoccupati, i lavoratori in nero, gli immigrati, i muschilli, i ragazzi periferici, i folli, i tossicodipendenti, i carcerati, le puttane, i trans, gli scassapalle, i violenti per obbligo eccetera», gli sbandati insomma, come si sarebbe detto una volta, sono dei «paria» e degli «oggetti» di cui nessuno deve mai occuparsi? E, soprattutto, la pena deve tendere alla rieducazione anche di questi diabolici perseveranti nel delitto? Nessuno però ha sentito emergere una riflessione del genere, nel dibattito parlamentare. Tutti troppo impegnati a interrogarsi sulla sorte dei processi. Specie se «eccellenti».

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