Gli ex An: "Mai a Palazzo Chigi col Pd"

La Russa: "Quello che si immagina più che un esecutivo di emergenza mi sembra un esecutivo di confusione". Da Matteoli e 40 parlamentari arriva il no più deciso

Gli ex An: "Mai a Palazzo Chigi col Pd"

Roma - «Va bene che sono finite le ideologie però non esageriamo». Per molti di loro sarebbe una prospettiva «grottesca», per il ministro Matteoli e 40 parlamentari un accordo «indigeribile» per­ché «il sangue non è acqua». Per alcuni una «navi­gazione momentanea, una parentesi particola­re da aprire nell’interesse supremo della nostra Italia».

Gli ex di Alleanza nazionale si interrogano sul­­l’ipotesi di ritrovarsi sotto lo stesso tetto politico con il Pd per un governo tecnico. Un’opzione che rappresenta una sorta di rivoluzione coper­nicana rispetto alla loro storia, una damnatio me­moriae dell’eterna contrapposizione vissuta fin da ragazzi, la coabitazione con Peppone senza aver mai indossato la tonaca di Don Camillo, il trionfo del pragmatismo assoluto e, in qualche modo, a sentir loro, una fotografia della crisi del­la politica. Sì, perché bisognerà pure avere vent’anni per credere ancora ai fascisti e ai comu­nisti ma forse quando rischi di ritrovarti seduto vicino a discutere di ricette comuni, qualche ri­flesso condizionato può comunque scattare. «La strada maestra per noi è il voto» dice Massi­mo Corsaro, vicecapogruppo Pdl. «Noi ex An sia­mo un gruppo compatto, unito. Ieri, dopo il ver­detto sul rendiconto, mi sono ritrovato trenta amici parlamentari nel mio ufficio alla Camera. Tutti pensavano che fosse opportuno dire no a ogni ipotesi di ammucchiata e procedere lungo la strada maestra del voto».

Una chiusura netta sembra arrivare da Igna­zio La Russa.

«Più che un governo di emergenza, quello che si immagina mi sembra un governo di confusione». Altrettanto perplessa è la voce di Amedeo Laboccetta, storico esponente della de­stra napoletana. «Credo sia un’ipotesi difficile da realizzare. Sulla carta tutto si può fare ma c’è un piano politico-elettorale difficile da trascura­re. È qualcosa che possono comprendere gli ad­detti ai lavori ma non la pubblica opinione e il no­stro elettorato. L’Italia non è un Paese maturo per un’operazione di questo tipo. Figuriamoci che è stato difficile persino fare il Pdl, figuriamo­ci un governo con il Pd». Da una generazione al­l’altra, la sostanza non cambia. E Giorgia Melo­ni, dopo essere rimasta per mezz’ora in una riu­nione con La Russa, Maurizio Gasparri e lo stes­so Corsaro, dichiara: «Avviso ai tentati dal ribal­tone: la difficile situazione economica mondiale è figlia soprattutto della debolezza della politica. Agli sciacalli della speculazione finanziaria l’Ita­li­a deve ribadire il primato della politica sull’eco­nomia. Non è il momento di cedimenti agli inte­ressi di lobby e di palazzo. È tempo di rispettare la centralità della sovranità popolare:il Pdl fa be­ne a ritenere il voto l’unica risposta possibile alla crisi». Altrettanto netta la posizione di Alessan­dra Mussolini, una che porta la storia stampata a fuoco sulla propria carta di identità. «Il mio pun­to di riferimento è Silvio Berlusconi, farò quello che mi chiederà. Detto questo per me sarebbe un travaglio profondo una opzione di questo ti­po. Dopo aver assistito al triste spettacolo di Ber­lu­sconi imbrigliato da un gruppetto di grandissi­mi para... carri delocalizzati dalla loro lista di ele­zione, lo sbocco più naturale sarebbe il ritorno al­le urne ». Nessun parallelo con quella stagione di anomala simpatia che condivise con Antonio Bassolino ai tempi della candidatura a sindaco di Napoli. «Quello fu un rapporto momentaneo e originale, combattevamo entrambi contro la Dc. Ma oggi non c’è più quello spirito e Bersani, scusi la franchezza, non si può vedere, è disgusto­so ». Un’apertura arriva, invece da Gianni Ale­manno, un tempo il ministro delle Politiche agri­cole più apprezzato dalla sinistra, oggi il sindaco più odiato dalla sinistra stessa. Il primo cittadino capitolino prima incontra Angelino Alfano. Poi in tarda serata riunisce i fedelissimi Barbara Sal­tamartini, Francesco Biava e Marcello Taglialate­la. «Ci sono molte cose urgenti da fare per porta­re l’Italia fuori dalle minacce speculative.

Per questo sarebbero negative le elezioni anticipate, a patto di formare un esecutivo con un program­ma riv­olto alla soluzione delle emergenze socio­economiche ». Il tutto, però accompagnato da un’avvertenza. «Per formare un governo nessu­no si illuda di poter prescindere dal Pdl e da colo­ro che hanno vinto nel 2008».

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