di Mario Pepe
Napoli Ha deciso di andarsene, tragicamente, nella sua Pianura, il quartiere di Napoli al quale aveva dedicato la propria vita politica. E per il quale era finito sotto inchiesta e in carcere, con l’accusa di essere tra i registi delle proteste contro la discarica sfociate in guerriglia. Giorgio Nugnes si è tolto la vita a 48 anni. Diplomato all’Isef, ex parà della Folgore, appassionato di sport estremi, entra in politica nel 1994, dopo avere prestato la propria attività al Commissariato di Governo per la ricostruzione post-terremoto, occupandosi di Quarto e Pozzuoli: al primo colpo, l’elezione in consiglio comunale nelle fila della Democrazia cristiana. Una carriera in continua ascesa la sua: dal 1997 al 2000 viene nominato capogruppo del Partito popolare italiano. Rieletto ancora una volta nell’assise cittadina partenopea, dal 2001 al 2003 diventa presidente della Commissione bilancio, e poi, dal 2003 al 2006 capogruppo della Margherita. Un curriculum di tutto rispetto che gli apre le porte di Palazzo San Giacomo.
Il consigliere comunale di Pianura, così viene definito visto il legame che non spezza mai con il proprio quartiere, si guadagna sul campo l’incarico nella squadra di governo del Iervolino-bis: ben cinquemila preferenze che gli valgono il riconoscimento ufficiale da parte del sindaco che gli assegna le deleghe alla Protezione civile, ai cimiteri e alla manutenzione stradale. E Nugnes mostra subito il proprio carattere deciso, come conferma anche chi lo conosce bene, che indulge a piaceri come la pesca e il buon vino. Una personalità spiccata che lo porta a schierarsi nei «coraggiosi» di Rutelli, a sostegno di Salvatore Piccolo, in occasione delle primarie del Partito democratico per l’elezione del segretario regionale che vedono affermarsi il veltroniano Tino Iannuzzi. L’esperienza in Giunta sembra procedere con grande serenità fino all’inizio di autunno.
Il mese di ottobre segna definitivamente la vita di Nugnes. Il 6 viene arrestato nell’ambito dell’inchiesta sui disordini di Pianura e una settimana dopo, mentre il 9 la popolazione del quartiere scende in piazza a suo favore, l’esponente del Pd si difende davanti al gip Luigi Giordano. Ottiene i domiciliari, tramutati in divieto di dimora nella sua zona: misura, questa, attenuata successivamente con il permesso di recarsi nella propria abitazione per tre giorni a settimana. Nel frattempo, il partito lo sospende e il 20 Nugnes consegna la lettera di dimissioni alla Iervolino. Comincia ad organizzare la propria difesa e la combattività, da vecchio parà della Folgore, non sembra mancargli. La stessa sensazione la dà nell’ultima intervista, rilasciata al «Roma», e pubblicata oggi, nella quale ribadisce di essere «sereno e ottimista per il processo» e chiarisce di volere dedicarsi, una volta chiarita la propria posizione, alla cura della terra. Una serenità, vista con il senno di poi, probabilmente apparente. La decisione estrema forse è già nella testa dell’ex assessore che decide di porre fine alla propria esistenza. Non prima di essere passato, venerdì mattina, di nuovo in Comune. Le ragioni del gesto in tre biglietti, lasciati rispettivamente alla moglie, ai figli e al fratello, il cui contenuto resta riservato: ma alcune indiscrezioni parlerebbero di riferimenti alle misure restrittive alle quali l’ex assessore era sottoposto. In pratica, soffriva per la lontananza da Pianura «quartiere che amava profondamente», conferma il parroco della Chiesa di San Giorgio, Claudio De Caro. Ma su Nugnes potrebbero avere pesato anche altre considerazioni: quelli di una brillante carriera politica bruscamente interrotta, e probabilmente senza più prospettive; o, ancora, il rischio di nuove inchieste.
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