Politica

Gli ex rivoluzionari che hanno scavalcato le barricate

Molti esponenti della sinistra extraparlamentare degli anni’70, da Avanguardia operaia a Lotta continua, hanno poi trovato un posto nelle istituzioni

Gli ex rivoluzionari che hanno scavalcato le barricate

Vincenzo Pricolo

I transiti dal movimento al Parlamento fanno infuriare i «duri e puri». Molto più di quanto accadde nella seconda metà degli anni Settanta, quando dalla cosiddetta sinistra extraparlamentare, da Lotta continua a Avanguardia operaia ai Nuclei comunisti rivoluzionari passando per i tanti gruppuscoli guevaristi, maoisti e trotzkisti in auge all’epoca, emersero persone destinate, nella maggior parte dei casi, a vivere il ventennio finale della Prima Repubblica da protagonisti nelle istituzioni.
L’elenco potrebbe essere molto lungo. Solo qualche esempio: Mario Capanna (dal Movimento studentesco al Consiglio regionale lombardo nel ’75 e all’Europarlamento nel ’79 per Democrazia proletaria), Massimo Cacciari (dal gruppo cultural-politico di Toni Negri alla Camera con il Pci nel ’76), Mimmo Pinto (da Lotta continua e dai Disoccupati organizzati di Napoli a Montecitorio nel ’76 per Democrazia proletaria), Marco Boato (ex Lotta continua eletto in Parlamento nel ’79 con il Partito radicale), Franco Piro (da Potere operaio al Parlamento per il Psi nel 1983), Franco Russo (da Avanguardia comunista alla Camera per Democrazia proletaria nel ’79), Silverio Corvisieri (da Avanguardia operaia alla Camera per Democrazia proletaria nel ’76).
Accadde che dopo trent’anni i partiti storici della sinistra avevano perso il monopolio della selezione del personale politico da premiare e valorizzare con un seggio parlamentare.
Oggi quell’egemonia è solo un ricordo e la «pietra dello scandalo» è Francesco Caruso, il napoletano leader del pacifismo «muscolare» meridionale che ha accettato la candidatura alla Camera per Rifondazione comunista. Il suo ormai ex amico Luca Casarini, portavoce dei cosiddetti disobbedienti del Nordest, lo ha salutato con amarezza augurandogli di diventare «un bel tribuno del niente» e risparmiandogli solo la qualifica di traditore. Sulla stessa linea Mario Avoletto, portavoce del centro sociale napoletano «Laboratorio okkupato Ska»: «Per noi è un venduto».
Ma le critiche non sciolgono l’interrogativo sulla candidatura di Caruso. Un’operazione nata male e comunicata peggio, una furbata pura e semplice, un’evoluzione personale e politica criticabile ma logica, un salto della quaglia, un’ingerenza partitocratica nel movimento?
Qualche risposta arriva proprio da coloro che trent’anni fa portarono la sinistra extraparlamentare nelle istituzioni.
Partenopei contro. «Prima di tutto, per piacere, non paragonatemi a Caruso», premette il napoletano Mimmo Pinto, che sbotta: «Non mi sembra sincero, non mi piace». Ma a parte la scarsa simpatia personale? «La mia candidatura nacque all’interno di Lotta continua - ricorda Pinto - quando già da qualche tempo non ero più rappresentante dei “Disoccupati organizzati”. Comunque, molti disoccupati mi votarono e molti mi criticarono. Anni dopo un noto cantautore napoletano mi confessò che all’epoca fu molto deluso dalla mia scelta». Logico quindi che Pinto consideri comprensibili le critiche a Caruso. «E poi - conclude - quando io mi candidai non ero affatto sicuro di venire eletto mentre adesso, con questa legge elettorale che premia il ruolo delle segreterie dei partiti...».
La lettura politologica. «L’attacco di Casarini a Caruso - dice Boato - è un po’ patetico, fuori tempo, forse dettato anche da comprensibile gelosia». Detto questo l’esponente dei Verdi sottolinea che è sempre avvenuto che esponenti di movimenti collettivi, anche fortemente alternativi, siano entrati nelle istituzioni. «È fisiologico - spiega Boato - e accade nella sinistra come nella destra. E non soltanto in Italia». «L’importante - avverte - che Caruso non arrivi in Parlamento con l’idea di fare il battitore libero perché rischia di avere grandi delusioni, prima di tutto da Bertinotti». Quanto alla sua esperienza personale, Boato ricorda di essere stato criticato «per eccesso di legalismo» ben prima di essere eletto.
L’orgoglio e il contesto. «Fra la situazione attuale e quella in cui io entrai prima al Consiglio regionale della Lombardia e poi nel Parlamento europeo - spiega Capanna - ci sono importanti differenze di fondo. Prima di tutto Caruso ha accettato la candidatura per un partito strutturato mentre noi demmo vita a una lista ad hoc, che poi divenne Democrazia proletaria, con l’intenzione dichiarata di portare nelle istituzioni le istanze della sinistra extraparlamentare». Capanna, che rivendica con soddisfazione la scelta degli anni Settanta («se in Lombardia non furono mai costruite centrali atomiche si deve a Democrazia proletaria, che in tempi di compromesso storico fondò la “Lega lombarda contro le centrali” e minacciò un referendum sugli impianti nucleari») prosegue: «E poi adesso non ci sono gruppi e aggregati paragonabili a quelli degli anni Settanta. Il movimento pacifista e il fronte no global hanno momenti di emersione e poi scompaiono. E finora non hanno scelto di avere una propria organizzazione». Tutto questo secondo Capanna spiega le critiche a Caruso. «In una situazione di questo tipo - conclude l’ex leader extraparlamentare - è naturale che qualcuno rimproveri chi entra in un partito dicendo: “i partiti a volte ci hanno anche contrastato”».
Politique politicienne. «Casarini appoggia i Verdi e quindi è arrabbiato con Caruso che ha scelto il Prc», taglia corto Ramon Mantovani, un passato nel Movimento lavoratori per il socialismo e nel Pdup, un presente da responsabile Esteri e parlamentare di Rifondazione comunista.

«E per quanto mi riguarda - conclude Mantovani - non ricordo di essere mai stato oggetto di attacchi simili».

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