Esplorare le differenze nelle somiglianze. O forse l'esatto contrario. Non spiegano a parole il loro lavoro il fotografo Ari Versluis e la stilista Ellie Uyttenbroek, entrambi di Rotterdam, nei Paesi Bassi. Che da quattrordici anni collaborano - ciascuno nel loro coté - per documentare i «dress code» delle tribù contemporanee, dapprima nella grande città portuale olandese, poi in tutto il mondo (Pechino, Parigi, Rio de Janeiro, Casablanca, Milano). Ora questo viaggio, dal nome «Exactitudes» e dal sottotitolo «Uguali, differenti», è diventato un libro e quindi una mostra che sta girando l'Europa e che ora è a Roma, a Palazzo Incontro in via dei Prefetti 22, spazio gestito dalla Provincia di Roma, fino al prossimo 26 aprile. L'opera del duo Versluis&Uyttenbroek è affascinante e alla lunga quasi ipnotica nella sua pedanteria documentaristica: ottantotto tavole composta ciascuna da dodici fotografie (meno una, l'ultima tavola, con 40) di altrettante persone appartenenti a una tribù contemporanea. E non pensate solo a quelli che sono consapevoli della loro «iscrizione» a un gruppo di simili, e che ne fanno un'identità e un vanto, come i «gabber» e le loro analoghe «gabber-girl»: teste rasate gli uni, inquietante code trattenute da elastici con i colori della bandiera olandese le altre, tutti amanti della tecnologia e dell'ecstasy. Oppure gli skater e i surfer, che trovano la loro identità di gruppo in uno sport che è filosofia di vita e si abbigliano con vestiti tecnici acconci che diventano quasi maschera. Il duo V+U va oltre e identifica anche tribù quasi invisibili: gli «chefs de confort moderne», giovani uomini middle-class che si vestono al supermercato e nella foto-griglia appaiono tutti con viso rassicurante, capelli corti, pantaloni comodi e rassicurante magliettina, sotto la quale spunta a volte una timida pancetta; le «donne attuali», casalinghe tutt'altro che disperate dall'aria solida, la borsetta ben stretta e dal vestitito verdastro; le «yupstergirl» i loro compagni «yupsterboy» - le prime impermeabile, maglietta aderente, sguardo seducente e deciso, i secondi giovani uomini felpa-ipod-tracolla-jeans, colti e con poca voglia di crescere. E ancora: le donne «charitas», ricche, cattoliche e attive nel sociale, che non rinunciano però allo chanel e al foulard; le loro sorelle povere «volontarie», anzianotte, gilet e camicetta, sguardo paziente; gli «emo» - che sono ormai diffusi anche da noi - giovani post-dark che mischiano sguardo emaciato e quasi ascetico e simboli religiosi; gli «early birds», anziani signori maglioncino-camicetta che immagini a scegliere il ristorante migliore. Tutti i modelli, naturalmente presi dalla strada, sono fotografati con i loro vestiti e in modo professionale: in uno studio con asettico sfondo bianco e con una posa uguale che esalta le piccole differenze tra i dodici soggetti, minime variazioni sul tema del rifugiarsi - nell'epoca delle incertezze, delle paure, della sfiducia - nel ventre dell'appartenenza. Che a volte è un'innocua notazione da people-watchers, altre l'embrione di una classificazione del diverso, che è l'anticamera della non-accettazione e quindi dell'odio. «Exactitudes» è un occhio scientifico che elabora ma non giudica: e non faccia chi guarda quello che non ha fatto chi ha scattato le foto e ha scelto i gruppi.
Un gioco che lascia una scia di inquietudine, che spinge anche ci si sente fuori da coro a chiedersi: e io? Di che tribù sono? Che significato ha quello che indosso? Come vengo giudicato per il taglio di capelli, la maglietta, la griffe? Sono anch'io manovrato, inconsapevole pedina, uguale a qualcun altro e quindi automaticamente diverso? Incuriositi? Se non siete a Roma potete vedere i tableaux vivant di V+U al sito www.exactitudes.com. Per divertirsi e riflettere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.