Expo 2015, la società dei veleni che Roma vuol soffiare a Milano

Dopo la principessa Borghese arriva l’ex direttore del "Tempo". Ma se i soci non ripianano mancano i soldi per andare avanti. Roberto Arditti sostituisce Andrea Radic posto da Stanca a capo della comunicazione da soli otto mesi

Expo 2015, la società dei veleni 
che Roma vuol soffiare a Milano

Ancora nella bufera. Tra conti che non tornano, soldi che non arrivano, scontri tra personalità forti piazzate nei posti strategici (Moratti, Stanca, Formigoni, Tremonti, Carioni) e decreti che non consentono di sforare il patto di stabilità, Expo è sempre più la società dei veleni. Lontani i tempi del trionfo parigino, assomiglia sempre più a una ex bella donna che per dimenticare (o far finta di dimenticare) i suoi veri problemi, decida di cambiarsi il trucco. Di rifarsi semplicemente il look, sostituendo il manager della Comunicazione e delle Relazioni esterne. Dopo appena otto mesi, era arrivato solo a giugno, Andrea Radic viene destinato ad altro incarico. Sempre all’interno di Expo, con compiti di rilievo, ma sicuramente lontano da quello per cui era stato ingaggiato. Con molte speranze, visto il curriculum di tutto rispetto prima nel pubblico come portavoce del governatore Formigoni e poi nel privato nella multinazionale francese Alcatel come direttore Comunicazione e Relazioni istituzionali con responsabilità per il Sud-Est Europa. Al suo posto è già stato avvistato in piazzetta Reale Roberto Arditti. In attesa di altro, Stanca moltiplica gli stipendi. Non certo leggeri visti i ruoli dei due.
Nato a Lodi e laureato in Bocconi, Arditti è stato portavoce del ministro Claudio Scajola, autore di Porta a porta con Bruno Vespa e poi direttore, con alterne fortune, del Tempo. Tutti giri romani. E c’è già chi dice che dietro il valzer, in realtà ci sia l’abile regia di Gianni Letta. Ma anche l’insoddisfazione del commissario del governo all’Expo Letizia Moratti che da qualche tempo si lamenta di aver poca visibilità di fianco all’evento che con tanta fatica ha saputo conquistare. Grazie all’appoggio di un’intera città. Quella Milano che, dopo averla conquistata, si vede oggi scippare l’evento da Roma. Dai palazzi romani arriva l’amministratore delegato Lucio Stanca, già ministro nel governo Berlusconi e oggi parlamentare con un doppio incarico che non si sogna di lasciare. Come da Roma arrivava la principessa Alessandra Borghese, alla quale con una consulenza era stata affidata «progettazione culturale e rapporti istituzionali», come e se a Milano non ci fosse nessuno in grado di farlo, e che «da queste parti in questi mesi non si è mai vista», racconta chi nell’ufficio con vista su piazza Duomo ci va ogni giorno. «Serve per i rapporti Oltretevere», si giustificò chi l’aveva voluta. Non riuscendo poi ovviamente a spiegare cosa c’entrasse il Vaticano con l’Expo. Oggi da Roma arriva anche Arditti.
Spifferi e malumori che all’Expo si aggiungono alla necessità di tirare la cinghia. «Qui di soldi non ce ne sono - si lamenta un membro del management -, i budget sono continuamente ridotti, si parte con grandi idee e poi bisogna sempre ridurre». Il motivo, l’ha spiegato più volte Stanca, è che gli incassi arriveranno solo alla fine con la vendita di biglietti, gadget e sponsorizzazioni. Vero, ma intanto se i soci non ricapitalizzeranno al più presto, Expo 2015 spa non ha nemmeno i soldi per arrivare all’estate. Intanto il prossimo cda, in programma per i prossimi giorni, è stato spostato a giovedì primo aprile. A elezioni avvenute. Per evitare, assicura qualcuno, che le crepe di Expo finiscano sui giornali e possano influenzare il voto. In ballo c’è la decisione sull’acquisto delle aree di Rho-Pero dove sorgerà il sito, oggi di proprietà della Fiera e della famiglia Cabassi.

Ma anche i conti da far tornare, le spese per la spedizione a Shanghai 2010, l’appoggio del governo, il decreto Calderoli sugli enti locali, i compensi di Stanca e dei manager. E magari anche l’ostilità, forse presunta, del ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

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