Resta incerta la posizione di Paolo Glisenti, l’uomo di Palazzo Marino nell’Expo, candidato in pectore sin dall’inizio della vicenda al ruolo di amministratore delegato, mentre si intensificano le voci che vedono dietro le porte una soluzione concordata con Palazzo Chigi.
L’ultima seduta del consiglio d’amministrazione, conclusasi con una fumata nera, il vertice romano a Palazzo Chigi e i dubbi sollevati dalla Corte dei conti hanno convinto la presidente della società di gestione, Diana Bracco, ad accogliere le richieste arrivate dal Tesoro e dal sindaco leghista, Dario Fruscio, che aveva fatto notare come il capitale della società fosse sceso sotto la soglia limite consentita dalla legge, chiedendo appunto una ricapitalizzazione come atto propedeutico a qualsiasi altro.
Così, in una lettera, la Bracco chiede ai soci di procedere a ricapitalizzare la società, appunto per 10 milioni di euro. Solo successivamente si potrà passare all’attribuzione di ruoli e compensi. La società non ha un amministratore delegato, la figura è prevista dallo statuto ma tocca al consiglio decidere se e come distribuire le deleghe.
Un modo di verificare concretamente la disponibilità a sottoscrivere la propria quota da parte del Tesoro, della Regione, di Provincia, Comune e Camera di commercio di Milano, a sottoscrivere la propria quota. Bracco chiede al Tesoro, col 40% del capitale, di mettere a disposizione 4 milioni di euro. Due ciascuno sono stati chiesti al Comune e alla Regione e i restanti egualmente divisi tra Camera di commercio e Provincia.
La ricapitalizzazione è indispensabile per far ripartire la macchina dell’Expo. Il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, è tornato a chiedere un «tagliando» condannando come un «crimine» l’eventuale fallimento dell’evento.
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