Expo, il contratto sospetto trovato già quattro mesi fa

La consulenza pagata da Maltauro al figlio di Acerbo emersa nelle perquisizioni di maggio. Nuovi indagati

Da un lato, le chiacchiere al telefono. «Nessuno conosce Acerbo meglio di me», diceva l'imprenditore vicentino Enrico Maltauro parlando del manager di Expo. Dall'altro, quel contratto di consulenza da 30 mila euro dato dalla Maltauro proprio al figlio di Antonio Acerbo, Ilvio, e trovato dalla finanza già lo scorso maggio. Inizia così, da lontano, il nuovo capitolo dell'inchiesta sull'Esposizione, che ha coinvolto l'attuale responsabile del Padiglione Italia, dimessosi invece dall'incarico di commisasrio delegato per il 2015. Circa quattro mesi fa, dunque, il nome di Acerbo aveva iniziato ad attirare le attenzioni degli inquirenti, allora nel pieno della prima tranche dell'inchiesta che aveva portato in carcere sette persone, tra cui lo stesso Maltauro, l'ex Pci Primo Greganti, l'ex dc Gianstefano Frigerio, l'ex senatore del Pdl Luigi Grillo e l'ex esponente Udc e poi in Ncd, Sergio Cattozzo. Mercoledì, invece, è partito l'avviso di garanzia con le accuse di corruzione e turbativa d'asta e sono scattate le nuove perquisizioni tra Milano e Vicenza. Da lunedì prossimo i consulenti delle Fiamme gialle cominceranno ad analizzare tutto il materiale informatico sequestrato, mentre i pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio hanno iscritto altri soggetti nel registro degli indagati.

Tornando indietro al blitz dell'8 maggio, gli investigatori della sezione di polizia giudizaria della Gdf trovarono alcuni documenti su quella consulenza da 30mila euro affidata dalla Maltauro allo studio di ingegneria di Ilvio Acerbo (ora indagato per riciclaggio), per un progetto di riqualificazione urbanistica dell'area «ex scuderie De Montel» di proprietà del Comune a San Siro. E proprio dal ritrovamento di quelle carte, assieme alla rilettura di intercettazioni, atti e verbali del primo filone dell'inchiesta, è nata la nuova indagine con al centro l'appalto delle «Vvie d'acqua» che venne assegnato alla Maltauro. Una gara che, secondo l'accusa, sarebbe stata turbata da Acerbo, all'epoca responsabile unico del progetto e nella commissione aggiudicatrice, in cambio di tangenti, ossia presunte «utilità economiche», tra cui anche quel contratto di consulenza al figlio del manager. Un contratto che risulta compatibile per quanto riguarda i tempi (all'epoca Acerbo era direttore generale di Palazzo Marino, nella giunta Moratti, tra il 2010 e il 2011) e stava per diventare manager di Expo (dal 2012).

E mentre Expo spa fa i conti con l'ennesima bufera giudiziaria, il presidente di Expo 2015 Diana Bracco ricorda che per la conclusione dei lavori «abbiamo poco tempo e dobbiamo essere diretti». «Il cardo è partito e che la gara per gli allestimenti finirà il 29 settembre - ha spiegato ancora Bracco facendo il punto sui lavori - e quindi allora sapremo chi verrà estratto e dovrà costruirlo».

Quanto alla decidione di Acerbo di non dimettersi anche da responsabile del Padiglione Italia, il presidente di Expo ha preferito glissare. Laconico anche il commento del governatore lombardo Roberto Maroni. «Prendo atto di questa decisione presa dai vertici della società Expo».

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