Sergio Leone potrebbe essere Bernie Ecclestone, il patron del Circus, regista di tante storie a trecento allora. Perché i tormenti del 2007 e la spy story che tutto ha avvelenato, ci hanno raccontato di una F1 far west, portando alla ribalta, in un lungo duello, due personaggi ugualmente vincenti, ma diversi nellagire. Uno, monsieur Jean Todt, potremmo metterlo, massì, nei panni del buono; laltro, mister Ron Dennis - e non se ne abbia - in quelli del cattivo. Manca il brutto. Però il brutto, stavolta, ha poca importanza.
Importa invece raccontare del buono e del cattivo che dopo il lungo duellare, quasi allunisono hanno detto o stanno per dire basta con la F1. Solo che il buono lo ha fatto vincendo, sorridendo, applaudendo e facendosi applaudire da chi laveva seguito raccogliendone la preziosa eredità. Laltro, il cattivo, sta solo valutando da quale porta secondaria far perdere le tracce.
Il mondo che corre è un far west dove le anime candide non esistono; semmai, esistono persone che agiscono in modo corretto e altre un po meno. Per questo lo sventurato 2007 e le scorie della spy story hanno diviso la effeuno in buoni e cattivi. Da una parte il gran capo francese che ha vinto tutto in sella al Cavallino rampante, e che fino allultimo ha creduto si potesse intavolare un rapporto trasparente e di collaborazione persino con il rivale della McLaren (nella primavere scorsa, ancor prima che scoppiasse lo scandalo dello spionaggio, Todt accolse linvito di Dennis a non farsi, a vicenda, porcherie regolamentari e intanto il team inglese aveva già in mano dati sottratti alla Rossa). Dallaltra, il manager britannico che ha fortissimamente ribadito - e per questo è stato punito dalla federazione - che nessuno dei suoi aveva visto o preso nulla della Ferrari. Uninsistenza difensiva, la sua, che ha fatto dire a Ecclestone: «Ron è un amico ma sulla spy story cercava di convincermi di essere vergine e invece era incinto di sette mesi».
LEREDITÀ - Fatto sta, il buono e il cattivo della F1 lasciano assieme il Circus. Jean Todt, ora amministratore delegato della Ferrari, lha deciso lo scorso novembre, dopo aver accudito la transizione dal dopo Schumi (a capo della gestione sportiva, dal primo gennaio cè infatti il suo allievo, Stefano Domenicali, già in prima linea nellultimo mondiale). Ron Dennis sta decidendo in questi giorni come lasciare, mettendo al vertice il delfino Martin Whitmarsh. Eppure è un addio triste, perché giusto un anno fa, il suo progetto prevedeva di ridurre limpegno attivo nelle corse - proprio come Todt - ma solo dopo una stagione trionfale, in pompa magna, con Alonso ed Hamilton e il mega sponsor Vodafone ad assicurare ricchezza e salute al team. Invece luscita di scena è stata rovinata dalla spy story, dai litigi con il campione spagnolo, dal mondiale perso allultimo, dai punti costruttori cancellati dopo sentenza di colpevolezza.
IL SALUTO - Così, mentre il buono dava il proprio addio tra gli applausi del presidente Ferrari Luca di Montezemolo, degli azionisti Fiat, dei piloti, di Schumi, il cattivo doveva invece far fronte alle molte pressioni della Mercedes, degli azionisti teutonici. Non a caso, per la prima volta nella storia McLaren, la scelta del luogo per il lancio ufficiale della nuova monoposto non è caduta su una località indicata dal team inglese, bensì dal costruttore tedesco, addirittura la sede di Stoccarda.
LAMORE - Se il buono ha lasciato la F1 attiva raccontando del proprio amore per il figlio Nicolas «la mia gioia più grande», di quello per la compagna Michelle «una persona diretta, leale, convinta dei suoi valori... non avevo mai provato un tale sentimento di rispetto reciproco», il cattivo è invece nel ciclone sentimentale, alle prese con limprovviso divorzio milionario dalla moglie Lisa, dopo 22 anni di matrimonio e tre figlie.
LA VIGILIA MONDIALE - Così, quasi il ferrarista dovesse ricevere un risarcimento per i patimenti e le spiate subìte dalla Rossa la scorsa stagione, in questi giorni che precedono il via del campionato si divide tranquillamente tra la sua casa di Maranello e il salone dellauto di Ginevra.
Una storia di uomini, la loro, di ricchi cow boy nel far west della Formula uno.
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