Fabbrica occupata, scontri con la polizia e strade bloccate

Dieci ore sotto un sole implacabile, con l’asfalto che cede sotto i piedi, in mezzo anche qualche tafferuglio, alla fine la buona, si fa per dire, notizia: i macchinari Innse non verranno smontati fino all’incontro questa mattina in Regione per cercare un’alternativa alla chiusura. Poche le speranze: se non s’è trovata una soluzione in 14 mesi, da quando cioè la proprietà ha deciso la chiusura, difficile trovarla in 14 ore. Ma anche un’ora basta ad alimentare la speranza.
Speranza che sembrava tramontata ieri mattina alle 8 quando un centinaio tra carabinieri e poliziotti si sono presentati in via Rubattino 81 per consentire alla ditta incaricata di smontare pezzo per pezzo i preziosi macchinari dell’azienda, da vendere al miglior offerente. Iniziativa ampiamente attesa dagli oltre cinquanta dipendenti che presidiano l’ingresso dalla primavera scorsa. Anche perché a febbraio un primo tentativo di smontare e portar via gli impianti era finito in scontri con le forze dell’ordine.
In pochi minuti gli operai di guardia chiamano rinforzi e in breve davanti alla fabbrica si radunano un centinaio di persone, tra cui decine di aderenti ai centri sociali. Impossibile tentare di forzare l’ingresso, alle 12.30 i manifestanti occupano la tangenziale est, ma vengono respinti dalle forze dell’ordine. Qualche operaio rotola a terra, tre carabinieri restano contusi, ma niente di grave. Si torna davanti ai cancelli.
Mentre i «centrosocialisti», visto che non c’è lo scontro, decidono di passare diversamente la domenica pomeriggio, inizia un lungo stallo. A Carlo Monguzzi, consigliere regionale dei Verdi, si aggiungo i sindacalisti dei metalmeccanici Giorgio Cremaschi, segreteria nazionale Fiom, e Maria Sciancati, segreteria milanese e Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista. Inizia una estenuante trattativa sotto un sole feroce. Gianni Rossoni, vice presidente regionale nonché assessore al Lavoro, preso di sorpresa cerca il governatore Roberto Formigoni e il prefetto per arrivare almeno a una tregua che consenta di riaprire il tavolo della trattative. Impresa non facile. Dietro l’intervento delle forze dell’ordine c’è infatti un provvedimento della magistratura che consente al proprietario Silvano Genta di smontare gli impianti e venderseli pezzo per pezzo. In teoria nemmeno il prefetto può fermare lo smantellamento. Invece alle 18.30 il «miracolo»: tregua fino a questa mattina.

La fabbrica, sostengono gli operai, è sana, produce macchinari industriali ad alta tecnologia e trovasse un «vero imprenditore» potrebbe venire facilmente rilanciata. Ma un «vero imprenditore» in questi 14 mesi non è mai saltato fuori.

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