Faccia tosta Travaglio: condannato di nuovo festeggia in cattedra insegnando giornalismo

Ha diffamato pure Fabrizio Del Noce. Marco Travaglio, anzi: il pregiudicato Marco Travaglio, già condannato a 8 mesi di carcere per aver diffamato Previti, è stato riconosciuto di nuovo colpevole dal Tribunale di Roma. Nel primo caso lo aveva salvato l’indulto, in questo lo salva la faccia tosta. La notizia della nuova condanna gli è arrivata infatti a Berlino, dove stava impartendo lezioni di giornalismo alle popolazioni europee. Che è un po’ come se nel bel mezzo di un corso sulla verginità si venisse a scoprire che in cattedra c’è Cicciolina. Imbarazzo? Vergogna? Macché: a frequentare le Procure, ci si abitua a mandare giù di tutto. E così Travaglio ha continuato come se niente fosse a sputar sentenze sull’informazione vera e su quella falsa. Dove, naturalmente, l’unica vera sarebbe quella del medesimo Travaglio, pregiudicato e appena condannato per diffamazione. Ma sì: anche Cicciolina, in fondo, era un po’ vergine.
Travaglio è stato condannato per aver dato a Del Noce del cretino. «Dopo la querela scrissi un altro articolo ancora più feroce», si vanta lui, tra una lezione tedesca e l’altra. Complimenti vivissimi. Del resto non è la prima volta che un tribunale lo bastona. Oltre alla citata diffamazione (reato penale) a Previti, è già stato riconosciuto colpevole in sede civile: ha dovuto risarcire Mediaset e Fedele Confalonieri e il medesimo Previti per un articolo, che nel 2000 gli è costato 79 milioni di lire. Altre condanne poi le ha evitate umiliandosi pubblicamente, come è successo con Antonio Socci. Prima lezione: prostrarsi e chiedere scusa. Chissà se se n’è ricordato sulla cattedra tedesca. In quello lui è davvero un maestro.
Pare di no. Nel suo discorso, almeno stando a quel che riportano le agenzie, di umiltà non c’è traccia. Anzi. A Berlino Travaglio ha sciorinato il solito repertorio santoriano dell’informazione in pericolo. Da Annozero a alzo zero: sempre di sparate si tratta. «I giornali», dice, «sono riusciti a superare in servilismo e conformismo quelli del Ventennio tedesco». Poi parla di «agenda unica quotidiana», imposta dal presidente del Consiglio e di «epurazioni di giornalisti scomodi», lasciando tutti con un dubbio: siccome il medesimo Travaglio occupa stabilmente la prima serata della Rai, non avranno mica epurato un giornalista scomodo per dargli quel po’ po’ di palcoscenico?
Il premio di Berlino è attribuito dall’associazione della stampa tedesca, che a occhio e croce non deve essere troppo diversa dai nostri lilligruber della Fnsi. In passato si sono aggiudicati il riconoscimento pezzi da novanta come il serbo Miroslav Filipovic e la russa Olga Kitowa (e se non sapete chi sono, non preoccupatevi: anche a Belgrado hanno la fortuna di non conoscere Travaglio). Comunque non importa: sprezzante del ridicolo, il nostro pinturicchio della questura s’è esaltato di fronte alla tribuna internazionale. Ed è arrivato a teorizzare una specie di epidemia del regime berlusconiano che starebbe per diffondersi in tutta Europa. Contagio pericolosissimo, s’intende. Assai più di quello del virus suino, che evidentemente Travaglio ha avuto modo di studiare da vicino.

Per fortuna a contrastare la pandemia dell’informazione c’è lui, l’unico giornalista libero d’Italia, l’unica voce indipendente d’Europa, l’unico capace di emettere sentenze sulla libertà di stampa e su chi ha diritto ad essere considerato normale e chi no. Per fortuna, insomma, c’è un giudice a Berlino. Peccato solo che sia un giudice pregiudicato.

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