Da punto interrogativo a punto esclamativo, il passo è breve. Soprattutto se ti chiami Ronaldinho. Gli sono bastati un paio di mesi per convincere gli scettici e raddrizzare quel punto di domanda che dal giorno del suo sbarco a Milanello campeggiava di fianco al suo nome. Gli sono bastate 5 reti impreziosite da una galleria impressionante di numeri di alta scuola per picconare quel punto interrogativo e plasmarlo fino a farlo diventare punto esclamativo. Altro che «figurina da collezione». Altro che pacco, calcisticamente parlando, gentilmente infiocchettato e spedito da Barcellona a Milano. Altro che giocatore finito, buono solo per vendere qualche maglietta e qualche abbonamento in più. Quella che tutti i maligni disegnavano come una grande operazione d’immagine, di restyling e di marketing, ma lontana parente di un vero colpo di mercato con tutti i crismi del caso, ora inizia a dare i suoi frutti. A grappoli.
Senza accartocciarsi in articolate disamine tecnico-tattiche, per Ronaldinho parlano i numeri. Numeri da grande che, dopo qualche passaggio a vuoto nell’ultimo anno in blaugrana, vuole tornare a essere grandissimo. Numeri che recitano una nuova condizione fisica e mentale del dentone brasiliano, arrivato a Milanello appesantito da mesi di nullafacenza spagnola, rinato in un gruppo che, a partire dal capitano Paolo Maldini, l’ha affettuosamente “adottato” dopo la decisione con cui Ronaldinho ha desiderato, cercato e voluto la maglia del Milan più di ogni altra, convinzione scolpita nella pietra con l’ormai famosa dichiarazione: «Fanculo dinero, Milan» e con i 50mila dollari ricevuti dallo sponsor Nutrilite (10mila per ogni rete segnata) che Dinho ha finora preso e immediatamente devoluto nelle casse di Fondazione Milan.
Dodici presenze, 709 minuti giocati, 5 reti (nel computo va tenuto conto anche della punizione calciata contro il Napoli e deviata nella propria porta dalla testa dell’argentino Denis), 12 punti portati in dote alla causa rossonera (9 in campionato, 3 in coppa Uefa), una rete ogni 141 minuti di gioco, 1 gol ogni due partite e mezzo. Determinante con il suo colpo di testa nel derby, decisivo contro Sampdoria e Napoli, disarmante nella semplicità con cui a un respiro dal triplice fischio finale ha seppellito le velleità dello Sporting Braga di uscire imbattuto da San Siro. Perché soltanto chi vanta tranquillità mentale e una ritrovata sicurezza nei propri mezzi può inventare e, cosa ancor più importante, trovare un tiro da fermo da trenta metri, dritto dritto all’incrocio dei pali. Un po’ come nel basket, quando si affida il tiro a un secondo dalla sirena al più forte e al più freddo. Forse è proprio questo il segreto di Ronaldinho. Al Milan sta bene. Punto.
E adesso in casa rossonera è tutto un fregarsi di mani. «Quando si ha la fortuna di avere in squadra un fuoriclasse del genere, hai sempre la speranza di vincere le partite», il commento passato dall’amministratore delegato Adriano Galliani, all’indomani della quarta vittoria consecutiva del Milan in coppa Uefa.
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