«Faccio il clown per difendere i diritti del pianeta»

IMPEGNATO «Parlo di Terzo mondo e morti bianche. Il teatro per il teatro non mi basta»

Non ha la faccia da premi. Non nel senso che non se li meriti: semplicemente, non è il tipo da cerimonie. Però questo - il premio di Amnesty International «Arte e Diritti Umani 2010» - Giobbe Covatta se lo coccola soddisfatto. Tanto più che lo riceve al Teatro Ciak, «il primo teatro in cui ho esordito, nel 1991, con Parabole Iperboli». L'attore e comico napoletano (di origini pugliesi) il riconoscimento se l'è guadagnato sul campo, anzi su due campi: il palcoscenico e il mappamondo. Sul primo, da tre mesi, porta in scena «30», lo spettacolo in cartellone al Teatro Ciak dal 6 al 15 maggio (ore 21, ingresso 30-20 euro più prevendita), info 02.76.11.00.93): si tratta di un monologo il cui titolo è ispirato al numero degli articoli della «Dichiarazione universale dei Diritti Umani» proclamata dalle Nazioni Unite nel 1948. Diretto dallo stesso Covatta insieme alla compagna di vita Paola Catella, «30» è un monologo comico e irriverente, qua e là parecchio sarcastico, sullo stato dei diritti fondamentali nei vari angoli del pianeta. E a proposito di pianeta, ecco che si giunge al secondo campo: da un bel pezzo di vita, Giobbe Covatta viaggia ad ogni latitudine, spesso e volentieri nel cosiddetto Terzo Mondo africano, come testimonial dell'Amref (Fondazione africana per la Medicina e la Ricerca), attivandosi per la realizzazione di progetti d'aiuto. «A un certo punto della vita - la spiega così lui - non ti basta fare spettacolo solo per lo spettacolo». É forse anche, questa, una delle ragioni per cui ultimamente lo si vede più in teatro che in televisione: «Le proposte tv non mi mancano - spiega il comico - ma alla fine è sempre per varietà. Io invece vorrei realizzare un programma dove faccio ridere ma parlo anche delle cose che mi stanno a cuore». E quest'ultimo spettacolo in arrivo al Teatro Ciak è un cocktail fedele a questa aspirazione: «Mi vesto da clown, indosso un frac a pois colorati - spiega Covatta - Questo per far capire che non intendo fare comizi, né lectio magistralis su alcunché. Ricorro ad aneddoti ed esperienze personali, li coloro e romanzo un po', gioco sul surreale per parlare di diritti richiesti e negati in giro per il mondo». Anche a casa nostra, sembra di capire. «Parlando dell'Italia - prosegue Covatta - parlerò di diritto alla privacy e del lavoro, di disoccupazione e morti bianche, ma sempre giocando sul filo dell'ironia. Ovvio, quando affronto realtà come il Sudan, le cose si fanno più drammatiche. Realtà estreme, ma talvolta di speranza: come quel giovane partito con due anni soli di studi di medicina alle spalle, giunto laggiù per aiutare un medico, nel frattempo morto, e ritrovatosi a dover essere il referente medico di una regione vasta come la Lombardia». E per chi teme, non del tutto a torto, che il Covatta si lasci andare a un racconto un po' troppo di parte, basti sapere questo: «Qualche settimana fa - rivela il comico napoletano - ero in scena a Treviso, terra leghista. In sala c'era un segretario locale della Lega che, alla fine, mi ha detto di non aver condiviso parecchie cose, ma di essersi divertito un sacco. Già questa per me è una vittoria. Portare il pubblico su un determinato argomento, divertirlo, e poi ognuno resti della propria opinione. Magari sentendo la curiosità di andarsi a leggere quella benedetta Carta dei diritti delle Nazioni Unite. Io la lessi anni fa, quando mi invitarono a recitare l'articolo 2 in un film realizzato dall'Onu». Nel futuro, Giobbe Covatta ha sempre il teatro: «L'anno prossimo - anticipa l'attore - sarò protagonista con Enzo Iacchetti in una piéce scritta da Francesco Brandi.

Racconta di due aspiranti suicidi incontratisi per caso in cima a un ponte. Uno, meridionale, cerca di dissuadere l'altro, settentrionale, ad uccidersi. Indovinate chi interpreta chi». E un sorriso furbastro emerge da un mare di barba.

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