"Faccio un mestiere da matti. Re Lear mi ha reso felice"

L'attore e direttore dell'Elfo Elio De Capitani al Premio Enriquez: "Un tempo nascondevo l'insicurezza con la spavalderia"

"Faccio un mestiere da matti. Re Lear mi ha reso felice"
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Sabato a Sirolo, nelle Marche, in quel gioiello del Teatro Cortesi, erano tre i direttori milanesi a ricevere il Premio Enriquez, il riconoscimento ideato dal Maestro Paolo Larici e a cui collabora il professor Andrea Bisicchia, in onore del regista teatrale e lirico fiorentino che scelse di vivere ed è sepolto proprio a Sirolo. Oltre a Claudio Longhi, direttore del Piccolo e a Giacomo Poretti del Teatro Oscar, è stato assegnato a Elio De Capitani, attore e direttore con Ferdinando Bruni del Teatro dell'Elfo, premiato come "miglior attore classico contemporaneo".

Dev'essere una grande soddisfazione.

"Non c'è soddisfazione più grande per un attore che provare a diventare un Lear sempre più umanamente stupefacente, una sera dopo l'altra e davanti agli spettatori. Quando ho iniziato a fare questo mestiere, nascondevo dietro una spavalderia spaccona la mia insicurezza e coprivo la mia imperizia con un istintivo, ma ancora aurorale talento. Ecco: mai avrei immaginato di interpretare un giorno Lear. È accaduto! E che il risultato della mia interpretazione riceva il Premio Enriquez è un compimento ancora più inatteso. Sono gratissimo e felicissimo per questo".

Il "Re Lear" è del '24 e il testo è stato tradotto da Bruni: ha contato per attualizzare il personaggio o è stato soprattutto un lavoro suo di introspezione?

"Le traduzioni di Bruni sono di una lucidità e di una sonorità estreme. Quella del Lear non è in versi, ma in prosa. Per me è perfetta. Quanto al lavoro di introspezione è tutto mio, la stessa costruzione del personaggio è frutto di un percorso interiore assai personale. Chiariamo: non abbiamo attualizzato nulla, in Shakespeare si devono attualizzare (e quando occorre) solo le parti comiche. Il resto non ha epoca. Lear soprattutto".

Cosa pensa dei giovani talenti oggi, visti dal "migliore attore classico contemporaneo" e come regista?

"Il teatro è esigente quanto a disciplina, studio, fatica, richiede determinazione e salute di ferro, buon carattere o almeno un carattere forte, avere sufficiente joie de vivre per sopravvivere ai colpi dell'alterna fortuna".

E pensando alla regia, chi era Enriquez? Vi siete conosciuti?

"Ero troppo piccolo quando l'ho conosciuto, ho un ricordo vago a casa dell'attrice Bianca Toccafondi, amica di mia madre. C'erano Giorgio Albertazzi e Lele Luzzati. Gli altri ho avuto occasione di incontrarli spesso da adulto, quando ormai facevo teatro anch'io. Ma non Enriquez, del resto è morto troppo presto, nell'agosto del 1980, a soli 52 anni. Ho fatto in tempo a vedere un solo suo spettacolo: la Bisbetica Domata con la Moriconi. Ricordo pochissimo, ma mi era piaciuto. Avrò avuto non più di nove o dieci anni".

Enriquez lavorava con la moglie, Valeria Moriconi. Anche lei ha una vita professionale e coniugale con Cristina Crippa. Troviamo questa vicinanza anche in Fellini con Giulietta Masini, Gabriele Lavia con Monica Guerritore, Antonioni e Monica Vitti, Carmelo Bene con Lydia Mancinelli. Cosa dice di questo tipo unione professionale e sentimentale nel campo dello spettacolo?

"È che facciamo un mestiere da matti e nessuno senza la nostra stessa passione e vena di follia si sopporterebbe a lungo. È un mestiere totalizzante, la vita della coppia d'arte mitiga la follia con la condivisione. E quella tra me e Cristina è totale, innamorati come siamo sia del teatro che tra noi. Ma noi siamo anche immersi da 52 anni nella grande troupe dell'Elfo, viviamo in condivisione esistenziale, da sempre con un gruppo di splendidi amici come Ida Marinelli e Ferdinando Bruni, a cui si sono aggiunti nel tempo Elena Russo Arman e Francesco Frongia. Ma dalle origini il nostro gruppo è diventato poi una cooperativa e ora un'impresa sociale.

Tra i fondatori ci sono ancora i soci Luca Toracca e Corinna Agustoni, ma abbiamo tantissimi soci non artisti che hanno scelto di essere al nostro fianco nel tempo e lo sono ancora. È duro le risorse son sempre meno - ma è bellissimo egualmente".

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