Facebook non è né il demonio né l’acqua santa

Non sono affatto d’accordo con la descrizione così nostalgica e lacrimevole che i sempre da me apprezzati e ammirati e Mauro della Porta Raffo hanno fatto di Facebook. Forse ci sarà pure chi va alla ricerca di vecchi amori o amorazzi, vecchi compagni di scuola o di naia, ma Facebook non è solo questo; tant’è vero che ci si sono lanciati anche il Giornale e Berlusconi. Io sono un pensionato ottantaseienne e ho sempre adoperato i computer sin dalla loro invenzione, prima per lavoro e poi per diletto. L’anno scorso mia figlia mi ha convinto a iscrivermi a Facebook. In tutta sincerità devo dire che la mia vita è cambiata completamente. Ho provato anch’io a ricercare qualche vecchia conoscenza, ma non ho trovato un’anima. Si vede che della mia età sono quasi solo. Ma ho trovato tanti argomenti che fanno parte del bagaglio di conoscenze della mia lunga vita, e appena ho provato a scrivere qualcosa sono stato subissato di richieste. Ho dovuto scrivere numerosi articoli su giornali locali su argomenti di cui sono stato protagonista. Invitato a convegni e manifestazioni che, purtroppo, per motivi famigliari non posso accettare. Anche proposte di interviste. E di argomenti ne ho una buona riserva per il futuro, se ci sarà un futuro. Insomma sto vivendo, con Facebook, una nuova vita a cui mi preparavo a dare l’addio in solitudine.
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E noi le diciamo bravo, caro Berghella, gioendo della sua gioia di facebookista, della sua felicità per aver trovato nel social network se non una nuova ragione, certo una buona ragione di vita. E complimenti: alla sua bella età, altro che panchina nel parco o sbrodolate televisive, ma entusiasmo per uno strumento che nasce giovanilista e che lei, a quanto se ne deduce, maneggia con sovrana sicurezza. Ciò detto, e detto con sincerità, tengo a precisare che non era nelle intenzioni di Mauro della Porta Raffo sminuire il servizio che i social network prestano. Ne aveva, o meglio ne avevamo, affrontato solo un aspetto: il ravanare nel passato, operazione da noi giudicata crepuscolare (della Porta Raffo) e impiccionistica (Granzotto). Ravanamento al quale anche lei, caro Berghella, s’è da principio dedicato, presto rinunciandovi perché, la cito, «non ho trovato un’anima». È così: né l’amico Mauro né il sottoscritto ignorano o deprezzano l’altro aspetto, quello assai sbandierato, dei social network: essere strumento per la libera circolazione delle idee. E sottolineo «libera» e «idee», due paroline che oggi spadroneggiano nel civile dibattito, quasi che fino a ieri le idee non circolassero, quasi che Johann Gänsfleisch zur Laden zum Gutenberg avesse inventato l’acqua calda e non il più formidabile e ancora ineguagliato incentivo alla circolazione, al flusso della cultura, del pensiero. Ma torniamo al blasone dei social network, la libera circolazione delle idee. E anche dei luoghi comuni, delle leggende metropolitane, dell’aria fritta: tutto fa brodo. Non basta. Mauro e io riconosciamo anche l’altra grande dote di Facebook: permettere a poeti, narratori, storici in pectore di trarre dal cassetto poesie, romanzi, analisi per finalmente divulgarle Urbis et Orbi. Permettere a chiunque d’avere un pubblico, una platea e magari una claque; e a taluni di soddisfare l’ambizione di salire in cattedra e da lì diffondere in rete una lectio magistralis via l’altra. Vede, caro Berghella? Vede che conosciamo anche noi le mirabilie dei social network? Non se la prenda dunque e seguiti a navigare in Rete con l’ammirevole baldanza che traspare dalle sue parole.

Gli è che mi manca il tempo - sulla voglia sorvolo per non farla arrabbiare - ma creda: mi iscriverei anch’io a ’sto benedetto Facebook, non foss’altro che per leggere le sue storie. E visto che son lì, dopo aver predicato bene, razzolare male cercando di sapere che fine ha fatto una certa Laura (una biondina, la mia prima cotta) e un certo Ottorino, un compagno di banco, al ginnasio.

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