«Facevo la commessa e andai da Lizzani con la foto tessera»

Dopo cinque anni, l’attrice è tornata a recitare in «Uno su due» con Fabio Volo. «La fiction? Mi piacerebbe. Ho detto no alla Fattoria»

Massimo Bertarelli

Cara Agostina Belli anche lei, come Florinda Bolkan è finita a Bracciano. Cos’è il paradiso delle bellissime?
«Ma no, è un paradiso per tutti tra vela, canoa, cavalli e feste di ogni genere».
Facciamola fuori subito: ci sono altre miss nei paraggi?
«C’è Franca Valeri dall’altra parte del lago...».
Grandissima, ma insomma...
«Poi ci ha abitato per tanti anni Renato Carosone. Mi raccontarono che quando vide il Monte Romano sull’acqua mormorò: “Ma chisto è ’o Vesuvio” e prese casa qui».
Va bene, ci siete solo voi due. La Bolkan la frequenta?
«C’incontriamo quando facciamo i nostri giri a cavallo. Non bisogna credere che i cavalli siano un lusso. Ne avevo tre, me ne è rimasto uno solo, Nice. Più dei pochi vip frequento la gente di qui, pranzo con i butteri, uno dei mei più cari amici è un pompiere. Ma sono anche amica della principessa Odescalchi, che ha un castello meraviglioso sul lago».
Lei è stata una delle attrici italiane più amate, ma da un po’ non la si vede...
«Sono stata ferma cinque anni. Problemi di salute. Ho dovuto rifiutare perfino le ospitate. Oggi grazie al cielo è tutto risolto. Tanto è vero che ho appena finito di girare Uno su due, un film con Fabio Volo e Ninetto Davoli. Dovrebbe uscire a Pasqua».
Ne è passato di tempo dal suo esordio, nel 1968...
«Avevo solo una particina, una ragazza in ostaggio di Gian Maria Volontè, che impersonava il rapinatore Cavallero».
Il titolo, Banditi a Milano, è quasi un omaggio alla sua città. Lei è milanese purosangue?
«Certo, del Giambellino. Lì c’erano le mie amiche, i miei fidanzati...».
Perché, ne ha avuti tanti?
«Anzi, pochissimi. Io sono una che si lega a una persona per sempre. A quattordici anni mi sono innamorata di un ragazzo che abitava in Piazzale Maciachini...».
Quasi un’altra città...
«Infatti, vedersi era un’impresa, almeno fin quando lui non ha avuto la moto. Siamo stati insieme sei anni. Poi è partito per il militare e non l’ho più trovato».
Una diserzione incomprensibile. Senta, come fu scelta per Banditi a Milano?
«Fu un caso incredibile. Lavoravo all’ufficio contabilità della Rinascente, in Piazza del Duomo. Lessi su un giornalino di allora, Ciao amici, che Lizzani cercava delle comparse. Bisognava presentarsi al Piper...».
...al Parco Sempione...
«Proprio quello... e portare una foto. Che pacchia prendere diecimila lire per fare quattro salti in pista. Ci andai con un paio di colleghe. Solo che quasi tutte le altre ragazze, tantissime, avevano delle foto enormi, professionali. Io invece ero lì con la mia foto tessera di due centimetri per due».
E allora?
«L’aiuto regista scoppiò a ridere quando gliela mostrai e disse al fotografo: “Che carina questa ragazza mora, falle qualche altra foto”. Così mi mandarono da Lizzani. A Torino. Troppo lontano per andarci da sola, infatti mi accompagnarono sorella, zia e cugini».
Lizzani fu folgorato?
«Folgorato no, ma stupito sì. Della mia spontaneità. Non credeva che non avessi mai fatto qualcosa prima. Hai una dote innata, mi disse, devi andare avanti. Il primo passo era fatto. Restava da convincere i miei».
Lei aveva solo diciott’anni, sarà stata dura ...
«Mio padre non fece tanti discorsi. Disse semplicemente: “Ti do sei mesi di tempo. Se non sfondi il discorso è chiuso». Così lasciai la Rinascente, dove nel frattempo ero tornata, e partii per Roma...».
Con quanti parenti a rimorchio?
«Neanche uno. Avevo trecentomila lire, una valigia, la conservo ancora, che avevo decorato con una carta adesiva a fiorellini rosa colorando le borchie con lo smalto per le unghie. Calzettoni gialli, tailleurino blu corto. Mi presentai all’agente Robi Ceccaci e cominciò la mia avventura».
Bisogna dire che non partì proprio fortissimo: fidanzata di Villaggio in Il Terribile ispettore e poi con Al Bano nei panni di Franz Schubert in uno dei film più brutti della storia, Angeli senza paradiso...
«Ma no, era bellissimo. Romantico. Io ero la ragazzina innamorata del genio».
Deve ammettere che era meglio il ruolo di moglie di Giannini in Mimì metallurgico...
«Sì, ero Rosalia Maddocheo. Brutta, con i baffi...».
Poveri truccatori, chissà che fatica. Comunque fu la consacrazione definitiva...
«Sì, ormai ero un’attrice. Ma di soldi ne giravano pochi, anche se ero riuscita a comprarmi la Cinquecento con cui facevo la pendolare tra Roma e Milano. Decisi di arrotondare con la pubblicità, in gran segreto. Diventai l’immagine del mangianastri della Philips e dell’aranciata San Benedetto: apparivo su cartelloni di sei metri».
Difficile passare inosservata...
«Invece no. In una ero una hippy con le treccine e la strisciolina sulla fronte, nell’altra avevo una parrucca bionda. Irriconoscibile».
Forse non come sul primo numero del Playboy italiano. Nuda. Era lei o lo nega?
«No, non lo nego. Ma era un nudo castissimo. Ero coperta da una cascata d’acqua o immersa in un campo di papaveri. Si vedeva una coscia, il seno si doveva intuirlo. Un servizio molto ben pagato».
I suoi non le tolsero il saluto?
«Non lo seppero mai».
Grazie anche a quel lancio artistico finì tra le splendide prede di Richard Burton in Barbablù, con Virna Lisi, Raquel Welch, Karin Schubert, Nathalie Delon, Marilù Tolo. Un bel cast è il caso di dire, ma non un successo memorabile...
«In compenso Sepolta viva e soprattutto L’ultima neve di primavera fecero grandi incassi».
Però definirli capolavori è eccessivo. Al contrario di Profumo di donna. Un personaggio stupendo la sua Sara...
«Anche perché non era facile riuscire a ritagliarsi uno spazio vicino a Gassman e poi entra in scena soltanto negli ultimi venti minuti».
Com’era Gassman...
«Non ebbi un buon rapporto. Era molto aggressivo. Forse era timido».
E Dino Risi...
«In Profumo di donna non molto espansivo. Poi quando mi diresse in Telefoni bianchi, ancora con Gassman, fu molto più affettuoso».
In Telefoni bianchi la si ricorda per una scena alla finestra, per così dire a spalle scoperte...
«Ma no, era Il piatto piange!».
Ah, scusi, però il fondoschiena, indimenticabile, era il suo...
«Quello sì».
Per la bellezza deve ringraziare mamma e papà. Per il mestiere d’attrice?
«Nessuno. Non sono mai andata a scuola di recitazione. Ho imparato da sola, guardando gli altri».
È vero che sul set i corteggiatori sono rari?
«Sì, si è troppo concentrati sul lavoro».
Lei ne ha mai avuti?
«No».
Però ha lavorato con tutti i grandi del cinema, perfino Kirk Douglas. Degli italiani le manca solo Sordi...
«... e Manfredi».
Il più simpatico...
«Peter Ustinov, un compagno di lavoro delizioso. Un simpaticone che scherzava tutto il tempo e una persona squisita, coltissima. Parlava non so quante lingue. Come mi sono divertita a Tokyo, ospite con lui della principessa. L’ho conosciuto in Irlanda sul set di Un taxi color malva. L’ultimo film di Fred Astaire, che faceva il tassista».
E il più antipatico...
«Philippe Noiret. C’era anche lui nel Taxi color malva. Un tipo molto chiuso, pieno di sé. Nelle pause non voleva mai stare con noi. Aveva la sua sarta, la sua cameriera: si faceva apparecchiare con la tovaglietta personale e mangiava in disparte».
L’apparenza inganna, sembrerebbe il più cordiale. Mentre si poteva scommettere sull’antipatia di Oliver Reed suo partner in Revolver...
«Al contrario. Lui sì che era davvero timido».
L’attrice più grande?
«Di sempre la Magnani, di ieri la Melato, oggi la Mezzogiorno».
Il film che si è pentita di aver rifiutato?
«Nessuno».
E uno che si è pentita di aver fatto?
«Favola».
Un mezzo flop...
«Ma anche se fosse stato un successo... Era stato fatto per Ambra, allora popolarissima. I ragazzini mi fermavano per chiedermi: “Lei è la mamma di Ambra?”».
Troppo giovani per aver sfogliato Playboy... Altri programmi sbagliati?
«Sprecati più che sbagliati. Agenzia, una serie di dodici film per la tv. Sono stata tre anni in giro per mondo, Portorico, su una nave nei Caraibi, Costa d’Avorio, nel deserto in Tunisia. Da noi prima li ha trasmessi Canale 5, poi sono stati dirottati su Italia 7. Meglio è andata con La voce del cuore con Morandi e la Venier, sempre su Canale 5».
E adesso che la fiction la fanno tutti...
«Mi piacerebbe. Diciamo la verità non sono stata bene. Ho dovuto dire di no a una serie poliziesca francese».
E un reality?
«Mi è stata proposta La fattoria, ma non me la sentivo».
Lei sa cantare e ballare?
«Come no!».
Peccato. Poteva essere la nuova Loredana Lecciso...


«Non è per vantarmi, ma ho fatto un varietà in prima serata su Raidue con Lando Buzzanca, diretto da Giorgio Capitani».
Soddisfatta della sua carriera? Poteva andar meglio?
«Non potevo chiedere di più».
Eppure ha un sorriso triste, come Sara in Profumo di donna...
«Non ho avuto una vita facile. E poi non sono un’allegrona».

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