Faide e paura, pazienti in fuga dal reparto

Borsoni pronti di primo mattino per diversi pazienti in uscita ieri, e frenetica attesa dei parenti per allontanarsi subito dal «reparto degli orrori», come è stata bollata la Chirurgia V dell’ospedale di Rho, alla luce di una trentina di casi di malasanità emersi insieme a tre morti sospette. «Non sappiamo se è vero quanto riportato da giornali e televisioni, ma un simile polverone non si solleva per una garza dimenticata nella pancia di una persona operata» spiegano un paio di degenti. In realtà, almeno sino alla conclusione dell’inchiesta, più che reparto degli orrori sarebbe meglio definirlo dei veleni. L’indagine sarà rapida e soprattutto approfondita. «Regione Lombardia non lascerà nulla al caso. Però prima di lanciare l’allarme vediamo se c’è materia da approfondire o se c’è stato soltanto qualche malinteso», ha dichiarato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Che ha poi aggiunto: «i nostri ispettori stanno lavorando insieme a quelli del ministero della Salute, e sotto esame ci sono 3 casi in particolare. È ancora presto per emettere una valutazione definitiva, tanto che anche il pubblico ministero invita ad aspettare il proseguire delle indagini. Ripeto – ha concluso il presidente - vogliamo fare completa chiarezza. Da quanto emerso sino ad oggi, con un esame più approfondito, stanno emergendo le responsabilità di un medico in particolare. È chiaro che vogliamo vedere se sono stati commessi degli abusi e da chi». Negligenza, fretta nel dimettere i pazienti, imperizia dolosa, invidia e dispetti nel contesto di una guerra intestina tra chirurghi del reparto, sarebbero questi gli elementi caratterizzanti dello scontro in corso tra medici a danno dei vasi di coccio, di alcuni pazienti finiti sotto i ferri. Sul tavolo del Direttore Generale dell’azienda Salvini, da cui dipende Rho, non ci sono tuttavia denunce dei familiari. «Sono arrivato in gennaio e sulla mia scrivania ho trovato soltanto relazioni e segnalazioni fatte dal personale del reparto, su presunte incompatibilità ambientali». Ha spiegato Ermenegildo Maltagliati. Incompatibilità riconducibili ad un solo camice bianco, che i colleghi vorrebbero mandar via da Rho, non si capisce se perché molto bravo e inviso nell’esercizio della sua professione o perché molto puntiglioso, e quindi incapace di soprassedere sugli errori grandi e piccoli. Pare che a seguito di un’aggressione subita, nel corso delle indagini per individuare mandanti ed esecutori, sia stato proprio lui ad indirizzare gli investigatori su quanto accaduto in reparto negli ultimi due anni; racconti che sarebbero stati avvalorati dalle cartelle cliniche sequestrate e dalle stesse vittime. Lo scorso aprile N.M. di 41 anni, venne atteso nell’androne della sua casa milanese da tre sconosciuti, i quali dopo averlo massacrato di botte lo minacciarono dicendogli: «Se non lasci l’ospedale di Rho, la prossima volta ti spacchiamo i polsi».

Un misterioso episodio, che tuttavia determinò un effetto contrario. Molti rhodensi firmarono una petizione a suo favore per far rimanere il chirurgo a Rho, una sede che doveva lasciare su disposizioni della direzione generale della Salvini.

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