Falcone e Borsellino più «eversivi» del Cav

Grande effervescenza sulla riforma giudiziaria e solito dialogo tra sordi.
Il Cav si è messo il cimiero e dice: «Stavolta la faccio, anche da solo. Non mi ferma nessuno». Dall'interno del suo barile, Veltroni fa il pesce e replica: «Se si fa qualcosa, è solo col placet dei magistrati». «Nessuno si azzardi a fare qualcosa», rispondono le toghe, sclerotizzate da lustri come stoccafissi.
Poi c'è Giuseppe Ayala, magistrato pure lui, che ha scritto un libro, Chi ha paura muore ogni giorno, di ricordi della sua amicizia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E qui si scopre che i tre non erano per niente d'accordo con l'immobilismo dell'Anm e del Csm. Dico «erano» perché Falcone e Borsellino sono morti. Ma Ayala è bello vivo e dice testualmente: «La separazione delle due carriere (pm e giudici, ndr) non ci scandalizzava affatto. La ritenevamo per molti versi auspicabile». «Giovanni... conosceva quanto me la radicale differenza tra il mestiere di pm e quello di giudice». «L'unicità delle carriere» all'italiana «è un'indubbia anomalia estranea, non a caso, a tutti gli ordinamenti dei più importanti Paesi occidentali».
«Per non parlare - aggiunge Ayala - del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale che, da teorica garanzia, si risolve in una delle principali cause della insopportabile lentezza della macchina giudiziaria». E conclude: «C'è di più. L'Italia, tra i Paesi avanzati, è la sola a non disporre di una politica contro la criminalità che... non può essere lasciata ai magistrati», ma dovrebbe essere compito del Guardasigilli. Ossia, per venire ai giorni nostri, del ministro Angelino Alfano. Stupefacente: è - con perfino qualche di più - il programma di Berlusconi alla lettera. Lo stesso che le toghe considerano eversivo.
Se così la pensavano Falcone e Borsellino, altri magistrati - forse molti altri - saranno d'accordo con loro. Ma allora perché tacciono, facendosi calpestare dai Caselli, i Pepino, Magistratura democratica, correnti varie e capipopolo? Lo stesso Ayala, che oggi se ne esce fresco fresco, che caspita ha fatto nei 14 anni in cui è stato deputato? Da lui, che si sappia, neanche uno straccio di proposta di legge per riportare la giustizia italiana in Occidente. E, a dirla tutta, in silenzio sono rimasti pure Falcone e Borsellino quando col loro prestigio potevano cambiare le cose.


Si ripete spesso che, tranne qualche irrecuperabile, la maggioranza della magistratura è sana. Se però tace impaurita, è complice dei bacati. Parafrasando Ayala, «chi ha paura muore ogni giorno» e andando con lo zoppo impara a zoppicare.

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