Sono stati sospesi da quasi due settimane, nel corso di un consiglio disciplinare appositamente indetto dallordine provinciale di categoria, i farmacisti romani coinvolti nello scandalo delle false ricette. Tuttavia le farmacie di cui sono titolari rimangono aperte. In assenza, presumibilmente, di un direttore. A questo proposito, infatti, a parte un paio di eccezioni, le Asl di competenza non avrebbero ancora ricevuto comunicazioni di sostituzione formale. Una misura con cui, secondo quanto stabilito dalla legge, il titolare di una farmacia è chiamato a nominare un rimpiazzo che in sua assenza assuma la conduzione. Sostituzione che, peraltro, deve essere motivata. E le fattispecie previste sono: infermità, gravi problemi familiari, gravidanza, adozione di minori, servizio militare, chiamata a funzioni pubbliche elettive o ferie. Nessun accenno, dunque, alla possibilità da parte di chi si trova in carcere o agli arresti domiciliari di ricorrere alla sostituzione affinché la farmacia resti aperta. In realtà, subito prima che avesse luogo il consiglio disciplinare dellordine, è stata inoltrata una comunicazione di sostituzione formale da parte di un farmacista di provincia il cui nome figura sulla lista degli indagati e che, senza nemmeno indicare uno straccio di motivazione, ha reso noto il nominativo del direttore che si accinegva a prendere il suo posto a tempo indeterminato quando, invece, la sostituzione può essere solo di carattere temporaneo. Eppure la farmacia di cui è proprietario risulta regolarmente aperta.
Laltra sostituzione di cui si è avuto notizia è giunta ieri alla Asl RmC. La motivazione, questa volta, è ineccepibile, e fa riferimento a una grave malattia. Una malattia che, guarda caso, stando a quanto riportato sul certificato medico sarebbe insorta il 28 novembre, ossia pochi giorni prima che esplodesse lo scandalo. Una coincidenza che fa pensare.
Nel frattempo, allordine dei farmacisti non perdono occasione di ribadire che non è compito loro decidere se la saracinesca di una farmacia debba rimanere abbassata o meno. «Noi ci limitiamo a intervenire nei confronti degli iscritti allalbo», chiosa il presidente Emilio Croce. Sulla questione ha poi il suo peso il discorso relativo alla cosiddetta pianta organica. «Le farmacie espletano un servizio pubblico - prosegue Croce - la chiusura di una di esse comporterebbe degli svantaggi per la comunità». Se è vero, però, che ciò rappresenterebbe un danno per gli assistiti, costretti a rivolgersi a unaltra farmacia, magari più distante, oltre che per i collaboratori, a loro volta costretti a cercarsi un nuovo datore di lavoro, è vero anche che in caso contrario il beneficio che gli indagati ne trarrebbero è piuttosto beffardo. Spetterà al Comune decidere nei prossimi giorni che tipo di atteggiamento adottare e se nominare un direttore dufficio (ipotesi comunque difficile da attuare nella pratica) o imporre la chiusura dellattività. Sulla questione si registra a ogni modo un certo imbarazzo.
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