Lipotesi della accusa era che le cartelle cliniche fossero state «truccate» per gonfiare i rimborsi della Asl. Ora, la clinica San Giuseppe esce dalla bufera giudiziaria. Dopo lapertura nel marzo scorso di uninchiesta a carico dei vertici della casa di cura per truffa alla Regione e al sistema sanitario nazionale, infatti, ieri il giudice per le indagini preliminari Fabrizio DArcangelo ha accolto la richiesta d'archiviazione avanzata dai pubblici ministeri Grazia Pradella e Tiziana Siciliano per gli attuali responsabili amministrativi e sanitari dellospedale.
Prosciolti, dunque, Francesco Donatelli, direttore scientifico dellOspedale San Giuseppe, il figlio Riccardo, presidente del consiglio di amministrazione della società «MilanoCuore» (spa che detiene la quota di maggioranza della clinica), il direttore generale Vito Corrao e il direttore sanitario Elisabetta Brunello. I quali, fin dallinizio, avevano sostenuto che gli episodi contestati dalla Procura - che aveva disposto il sequestro delle cartelle dei pazienti ricoverati dal 2003 al 2006 - erano «errori non dovuti a una volontà dolosa» ma a «un software gestionale che doveva essere aggiornato», promuovendo inoltre un audit interno per verificare eventuali irregolarità riconducibili alla precedente gestione della clinica. E, in effetti, nel fascicolo aperto dai magistrati titolari dellinchiesta rimangono iscritti i nomi di Elio Marmondi, ex direttore sanitario, Federico Varoli, primario del reparto di Chirurgia generale, e Sergio Schiavon, frate della Confraternita dei Fatebenefratelli e rappresentante legale dellospedale fino al luglio 2006.
«È stata accertata la completa estraneità dei miei assistiti rispetto alle ipotesi di reato che inizialmente erano state formulate», è stato il commento dellavvocato Gian Piero Biancolella, legale della clinica. Gli inquirenti hanno preso atto che «MilanoCuore spa» aveva già provveduto autonomamente a rettificare i codici scorretti inviati alla Regione per chiedere al Sistema sanitario nazionale i rimborsi relativi alle operazioni contestate dalla procura. «Tale estraneità - ha concluso Biancolella - era apparsa peraltro palese sin dal primo esame della documentazione sequestrata.
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