Roma

La famiglia «borghese» di Degas

È possibile ammirare «La famiglia Bellelli» fino al prossimo 22 gennaio

Tommaso Casini

Vi sono dipinti che di per sé sono in grado di esprimere il carattere di un’intera epoca. Uno dei più famosi e straordinari del XIX secolo è in mostra alla Galleria d’Arte Moderna di Roma fino al 22 gennaio. Si tratta della grande tela di Edgar Degas che raffigura La famiglia Bellelli proveniente dal Museo d’Orsay di Parigi. L’opera, tra le più importanti del periodo giovanile del grande pittore francese, è giunta nell’ambito dei rapporti di scambio che la Gnam intrattiene con i grandi musei internazionali. Da parte sua la Galleria ha inviato a Parigi un’altra celebre opera, Le tre età della donna di Gustav Klimt, del 1905.
La famiglia Bellelli, assente dalla recente esposizione dedicata a Degas tenutasi la scorsa primavera al Vittoriano, compare per la quarta volta in Italia (l’ultima a Villa Medici nell’84). L’opera fu completata nel 1867 ma era stata iniziata dal pittore, che all’epoca aveva appena 24 anni, durante il soggiorno fiorentino del 1858 presso la famiglia della zia Laure. Furono necessari una serie di oltre 50 studi per la realizzazione di questo dipinto che è molto di più di un ritratto di famiglia in un interno ottocentesco. Una consapevolezza che si è accresciuta dopo la pubblicazione dei carteggi e documenti della famiglia Degas, avvenuta nell’ultimo ventennio, e che ha permesso di tessere una rete di riferimenti meta-pittorici fondamentali per cogliere i significati reconditi del dipinto.
Celebre per la cura psicologica con cui furono raffigurati i personaggi messi in scena e per la loro inconsueta disposizione, la grande tela racchiude infatti un dramma familiare colto nella sua enigmaticità attraverso uno stile frutto di uno studio meticoloso e attento dell’arte dei grandi maestri del passato, rielaborati con una sensibilità moderna. Degas, che per tutta la sua attività fu eccezionale ritrattista ma solo per una stretta cerchia di familiari e amici, in questo caso fu il testimone sensibile dell’acuto travaglio tra gli zii Bellelli, tanto da trasformare il suo lavoro pittorico in una intensa e personale sintesi dei suoi stessi rapporti con la parte italiana della sua famiglia.
L’occasione dell’esposizione romana del dipinto offre inoltre la rara possibilità di collocare l’opera in una della prime sale dell’Ottocento della Galleria, in cui figurano i dipinti della scuola toscana e macchiaiola, sia per una ragione cronologica, sia per affinità tematiche, poiché il dipinto degassiano si collega ad un significativo momento di transizione tra accademismo e realismo e al dibattito dell’arte che si teneva a Firenze, al Caffè Michelangelo, come a Parigi al Café de la Nouvelle Athènes, che vedeva come protagonista il critico Diego Martelli che conobbe e stimò Degas e che definì l'artista «uno dei grandi pittori della Francia moderna».


Il dipinto ha trovato dunque la sua giusta collocazione al posto d’onore tra alcuni ritratti di Giovanni Fattori, di Giuseppe Abbati, Gioacchino Toma, Domenico Morelli, Alessandro Cecioni, Giovanni Boldini, tutte opere riconducibili nell'arco temporale nel quale è stata concepita e realizzata La famiglia Bellelli.

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