Famiglie indebitate per 524 miliardi ma meno degli altri Paesi Ue

L’indebitamento complessivo delle famiglie italiane ha raggiunto nel 2009 quota 524,1 miliardi di euro. Seppur in crescita, è un importo più contenuto di quello registrato nei principali Paesi dell’Ue. In Spagna, ad esempio, l’indebitamento delle famiglie ha toccato la quota di 896,7 miliardi, in Francia è di 942,4 miliardi, in Germania di 1.515,2 miliardi e nel Regno Unito, addirittura, di 1.605,3 miliardi. È quanto emerge da un’analisi elaborata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre. In Italia, in termini di indebitamento per famiglia, l’importo medio nel 2009 è stato di 21.270 euro, contro i 36.150 euro registrati in Francia, i 37.785 euro dei tedeschi, i 55.886 degli spagnoli e i 63.477 euro degli inglesi.
Sempre dall’analisi dei dati si evince che i 524 miliardi di euro di debiti dei nuclei familiari italiani incidono sul Pil nazionale per il 34,2%. Un valore ben lontano da quello rilevato in Francia dove gli oltre 942 miliardi fanno arrivare tale rapporto al 49,1%. Mentre i risultati più preoccupanti giungono da Germania, Spagna e, soprattutto dal Regno Unito. Oltre Manica l’indebitamento delle famiglie, pari a 1.605 miliardi di euro, incide per più del 100% sul Pil. In Spagna, invece, il rapporto dei debiti delle famiglie sul Pil scende, ma non di molto, toccando quota 83,6 % mentre in Germania il peso dei debiti sul Pil è pari al 63,5%.
«Seppur in affanno le famiglie italiane sono le meno indebitate d’Europa - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - le statistiche non lasciano dubbi: nonostante gli effetti della crisi non accennano a diminuire, reggiamo il confronto con gli altri Paesi Ue. Abbiamo i nostri conti pubblici che continuano a peggiorare ma, fortunatamente, livelli di risparmio privato molto elevati e quote di indebitamento delle famiglie italiane molto contenute».
Quanto alla percezione che gli italiani hanno del tempo ancora necessario per uscire dalla crisi da un recente sondaggio, di Confesercenti-Swg, emerge che i più ottimisti (il 7%) pensano che ci vorranno appena sei mesi; il 24% vede materializzarsi la ripresa nella seconda metà dell’anno. Mentre tra chi afferma che il 2010 non sarà l’anno della svolta un 25% punta sul 2011 e l’11% che sposta la fine del tunnel al 2012. Per i più pessimisti (ben il 20%) la ripresa arriverà ancora più in là.

Emerge più fiducia dai giudizi in generale sullo scenario economico per il 2010: sale dal 14% del 2009 al 22% il numero di coloro che intravedono un miglioramento. E scende di 14 punti la schiera di quanti ritengono più verosimile un peggioramento.

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