Il fango non funziona, la gente resta con Silvio

Doccia fredda per l’opposizione: l’assalto dei pm non intacca il gradimento del premier, che nei sondaggi rimane al 52%. Casini e Bersani invocano un passo indietro ma l’istituto Piepoli li smentisce: gli italiani non vogliono giochi di palazzo

Roma La gente se ne frega e con­tinua a stare dalla parte di Silvio Berlusconi. Se ne frega delle in­chieste guardone della Procura di Milano su Ruby e le altre. Se ne frega degli inviti congiunti di Bersani, Casini, Franceschini e finiani vari che invitano il pre­mier a dimettersi per far posto a quel «governo dei perdenti» che inseguono con ogni espe­diente da quando i magistrati hanno potuto riaprire la stagio­ne della caccia al Cavaliere. Le prime indicazioni prove­nienti dai sondaggi conferma­no che la fiducia dei cittadini nel presidente nel Consiglio non è stata scalfita dall’assalto a orologeria a Palazzo Chigi. «Secondo i dati di Euromedia Research io sono al 52,3% di consensi e il Pdl al 32,3%», ha detto Berlusconi nel corso del­la riunione del partito ieri sera. E anche la rilevazione del­­l’Istituto Piepoli certifica che l’ondata di fango mediatico non ha intaccato le percezioni degli elettori. «La fiducia in Ber­lusconi è stabile al 50%, lo stes­so valore di due-tre settimane fa», osserva il presidente Nicola Piepoli. I consensi di Bersani (32%) e di Fini (22%) sono ben lontani da quelli del Cav. «Non ci sono stati contraccol­pi nemmeno sulle intenzioni di voto», aggiunge, perché «con il Pdl al 31,5% e la Lega al 10,5%» il centrodestra si conferma maggioranza. Staccando il cen­trosinistra di 5 punti con Pd bloccato al 25% e dipietristi di Idv (5,5%) superati dai vendo­liani di Sel (6,5%). Il Terzo polo, invece, non arriverebbe in dop­pia cifra col 6,5% dell’Udc «za­vorrato » dal misero 3% di Fli. «I cittadini vogliono un gover­no politico e non tecnico », con­clude Piepoli che con tre battu­te ha liquidato con i numeri l’ ammuina che tra Camera, Se­nato e televisioni varie ieri l’op­posizione ha cercato di organiz­zare. «La situazione è da allar­me rosso. Berlusconi tolga il Pa­ese dall’imbarazzo e si affidi al presidente della Repubblica e al Parlamento», ha detto il se­gretario del Pd Bersani seguito a ruota dal predecessore Fran­ceschini. E anche il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini ha uti­lizzato più o meno gli stessi ar­gomenti. «Mi auguro che faccia un passo indietro», ha cinguet­tato tra un «facciamo ridere il mondo» e un «la politica si occu­pi delle riforme ». In mezzo a tut­to questo il finiano Briguglio, immemore di Montecarlo e di altre magagne, ha gentilmente concesso al premier di indicare il successore, naturalmente do­po le dimissioni. Ecco, questa è la politica che vive nel palazzo, che spia dal bu­co della serratura e dà lezioni di morale. Dall’altra parte, natu­ralmente c’è Berlusconi e il suo popolo che continua a seguirlo. Ma come si spiega questo fe­nomeno che i politici di profes­sione non conoscono giacché continuano a parlare a ruota li­bera di governi tecnici o di re­sponsabilità nazionale? «Sia­mo in un momento caldo, ma le intenzioni di voto non cambia­no da un giorno all’altro e per­ciò non c’è da attendersi un tra­vaso di voti dal centrodestra al centrosinistra, tutt’al più qual­che indeciso in più », chiosa An­tonio Noto di Ipr Marketing che ancora non ha effettuato le rile­vazioni. «È probabile perciò che non ci siano spostamenti, tutt’al più un 1% perché questi grandi eventi mediatici tendo­no a rafforzare le convinzioni politiche: i berlusconiani riba­discono la propria fiducia al premier “perseguitato”e gli an­tiberlusconiani si convincono della loro diversità». Secondo Noto, perciò, la pros­sima rilevazione non si disco­sterà molto dall’ultima che ve­de il centrodestra al 43-44% (con il Pdl al 29%) staccare di tre punti il centrosinistra, ma con l’incognita Senato legata al­l­a variabile impazzita Terzo po­lo. Governo tecnico? «Il 50% de­gli italiani preferisce le elezioni piuttosto che un governo di re­sponsabilità o un esecutivo gui­dato da un’altra personalità del centrodestra», conclude. «Tut­to invariato», anche per Renato Mannheimer (Ispo) che come il collega di Ipr sta ancora effet­tuando le analisi.

Non ha torto, quindi, il presi­dente del Consiglio quando ri­badisce che la vicenda «sarà un boomerang per loro» perché la pornografia a buon mercato dei pubblici ministeri non aiu­ta in alcun modo il fronte anti­berlusconiano. Anzi, ne mette ancor più in rilievo le miserie.

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