Il fantastico mondo di Prada: è l’epoca delle fate-fumetto

Miuccia mette in scena fantasie e ossessioni dell’inconscio femminile come in un dipinto di Bosch

Il fantastico mondo di Prada: è l’epoca delle fate-fumetto

da Milano

Girare alla velocità del mondo e ritrovarsi contromano dove tutti, poi, dovranno andare. È il destino di Miuccia Prada, la guastafeste per eccellenza, quella che lancia il sasso nello stagno e ha sempre dannatamente ragione perché non se ne può davvero più della moda nata dalle ricerche d’archivio, degli eterni ritorni e del legittimo ma soffocante terrore di misurarsi con il nuovo. «Dobbiamo smettere di cullarci nella nostra cultura europea: la realtà dei Paesi emergenti tipo Cina, Russia e Giappone è talmente complessa da richiedere un serio lavoro sulla fantasia, l’immaginario che irrompe con prepotenza nel quotidiano» dice infatti Lady Prada poco prima di far sfilare una collezione in tutti i sensi fantastica.
C’erano modelli indescrivibili: pantaloni finiti come gonne, abiti dall’allaccitura sfalsata, sottane enormi oppure sottili pigiamini che non han nulla da spartire con il solito tailleur pur avendone la stessa utilissima funzione. Tutti i tessuti al tempo stesso leggeri e morbidi erano vistosamente stampati con motivi mai visti prima: quadretti o righe che all’improvviso curvavano creando falsi movimenti sulla stoffa, oppure grandi disegni realizzati con gusto da fumetto sulle ossessioni che popolano l’inconscio femminile. Il solo rimando possibile a questa sorta di fantasilandia così romantica e colorata da sconfinare in un nuovo barocco, ci sembra l’opera più celebre di Hieronymus Bosch: quel Giardino delle delizie che da solo vale la visita al Prado. Un esperto d’arte potrebbe forse rintracciare qualche legame anche con le opere di Mariko Mori, ma questa volta non servono riferimenti e citazioni perché siamo davanti alla pura creatività. Dello stesso segno gli accessori: dalle incredibili scarpe con il tacco a forma di rosa rovesciata allo stivale-ballerina che forse è solo una ghetta appoggiata sul piede nudo, per approdare alle piccole borsine destinate a una moderna fata che si è liberata da ogni leziosità. Definire tutto questo facile e vendibile sarebbe troppo. Ma la forza di Prada sta proprio nel pensiero originale che rende il marchio riconoscibile come un faro nella notte.
Non si può fare di più per un mercato invaso da copie e contaminazioni che rendono molto difficile la pratica della coerenza. Ecco perché sembra davvero encomiabile il lavoro di Tomas Mayer per Bottega Veneta, marchio votato al lusso inteso come ricerca dell’assoluta qualità senza bisogno d’ostentazione. «Mi piace l’idea di vestire la donna con un solo capo» ha detto il bravissimo stilista proponendo un’antologia di abiti interi: dal tubino allo chemisier, dai modelli a trapezio al vestito stile impero. Lunghezze al ginocchio, silhouette allungate come sculture o dipinti di Giacometti e i colori neutri usati in sinfonia puntualizzavano una profonda ricerca sartoriale per distillare la quintessenza della raffinatezza.
Anche Angela Missoni si è dedicata a questo grande classico del guardaroba femminile, ma nel suo caso la decorazione diventa cifra stilistica: la più alta che si possa immaginare. I grafismi della casa si mescolano agli specchietti, mentre le tinte unite si accendono di nuovi bagliori grazie ai ricami in alluminio. Tunichette d’ogni tipo sulla passerella di Sportmax, marchio del Gruppo Max Mara che ha dimostrato con la collezione in passerella ieri a Milano moda donna, una crescita esponenziale d’identità.

Meno riuscita la sfilata di Moschino nonostante la ricerca di nuovi dettagli come i fiocchi in plexiglas applicati sull’abito-bambola o le caramelle di plastica ricamate sullo scollo. Il sapiente mix tra leggerezza e ironia che sta nel Dna del marchio stavolta è scivolato sulla buccia di banana dell’ovvietà.

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