Per far parlare di sé Veltroni si dà del "Noi"

Con il suo ultimo libro, che presenterà in una tournée di 50 tappe, l’ex segretario del Pd centra il doppio obiettivo di fare campagna elettorale in libreria per Franceschini e di sfruttare il congresso del partito per promuovere le proprie vendite

Qui si sarebbe voluto scrivere una lettera aperta a Walter Veltroni, a proposito del suo nuovo libro. Ma per rivolgersi a uno che si dà del Noi, sul serio, come Paolo VI, bisognava per forza, a causa della concordanza grammaticale, dargli del Voi. Dopo di che ci avrebbe dato dei provocatori e dei fascisti, eccetera. Dunque qui si ripiega (notare qui il contorsionismo per evitare la prima persona singolare, considerata da Veltroni una parola orribile, da galera, un pronome berlusconiano senza attenuanti, una dichiarazione di volontà dittatoriale. Dio ci scampi da una predica veltroniana: ci diamo volentieri alle forme impersonali per sfuggire alle sue unghie caramellose); qui, si diceva, occorre accettare l’idea di una simil-recensione, severa ma giustamente intenerita per la gratitudine di come Walter abbia rovinato la sinistra, forse per un paio di generazioni, e la letteratura impegnata di sinistra, almeno per due o tre eternità.

L’idea comunque era ed è quella di elogiarlo. E di domandargli se avesse riflettuto, nei suoi sonni di bambino fiducioso che ha scritto questo temino senza fine, che Noi in inglese fa We, proprio come Walter, e se non vi cogliesse un che di profetico; e se c’entrasse per caso anche la memoria di «We shall over come», e degli eterni adolescenti con il ciuffo e la chitarra, che si immagino dentro e dietro ogni suo discorso, articolo, slogan, film, didascalia. C’è un ritmo da accendino sventolato lento nel buio dentro ogni pagina, una specie di rifiuto della maturità, una voglia d’Africa purché non si sudi, e infatti ci si fa un libro per la pubblicità, si promette una missione fino alla morte nel Continente nero, ma poi si torna ad agitare l’accendino, con gli stessi sogni in bambagia.

Insomma, esce il 26 agosto, a firma dell’ex primo segretario del Partito democratico, ex sindaco di Roma, in fondo ex di tutto, un romanzone intitolato «Noi», 354 pagine, Rizzoli, cui è allegata una tournée di 50 tappe di presentazione senza requie per nessuno. Un colpo di genio del perfetto marchettaro politico-letterario. Viene da qui il Noi? Veltroni Uno, il politico, fa la campagna elettorale per il suo vice Dario Franceschini a segretario del Partito democratico, a spese dell’editore ovvio; Veltroni Due usa la campagna per l’elezione del segretario dei democratici per reclamizzarsi come una specie di Garcìa Marquez, il cui romanzo ha giusto quasi la tempistica secolare dei «Cent’anni di solitudine». E candida il suo librone ad essere, in perfetta linea con lo stile tenue, vagamente sderenato dell’autore, il Manifesto del Quasi Partito Almeno Un Poco Comunista Ma Anche Cattolico E Laico. Veltroni Uno e Veltroni Due: Noi Veltroni, appunto. Ma anche Noi della Sinistra di oggi, non uno che si alzi in piedi e dica guardatemi, ho un nome, un cognome, un indirizzo, sono io, povero pirla, ma io, sperate con me, lavorate con me, mi prendo la responsabilità. Invece no. Noi. Come si fa a essere un bel Noi se non si è un Io? Bo’. È la solita trippa comunista e collettivista asiatica, l’orientalismo per cui i desideri si sciolgono nella massa senza un naso, un dente, ma solo una broda senza palpiti miei e tuoi, ma solo genericamente di tutti. Ma che vita è?

Il contenuto del libro. Una famiglia è sorpresa, con la tecnica dei nodi storici, in quattro momenti diversi della storia d’Italia. 1) 1943, la caduta del fascismo e l’8 settembre, estate. 2) 1963, il boom economico, primavera. 3) 1980, anni di piombo e strage di Bologna, autunno. 4) 2025, l’Italia è frantumata nell’egoismo e impastata di dittatura dolce, inverno. Una sorta di pizza quattro stagioni, e bisogna dire che la battuta se l’è cercata lui, smentendo spudoratamente la falsa modestia, con una specie di incredibile show sul Venerdì di Repubblica dove il suo Ego scoppia da tutte le parti, fin dalla copertina rotocalcata, per tracimare di mozzarella e sugo zuccheroso in tutto l’inserto settimanale del quotidianone di Ezio Mauro, il quale insegue Berlusconi con la sega elettrica, e poi accarezza con il piumino le ascellucce del giuggiolone dei Parioli.
Dal punto di vista letterario, che dire? Non c’è il banale io narrante di Hemingway, di Pavese, di Moravia, o persino di Proust, il quale andava a letto presto la sera. Ma il noi narrante, una genialata da Nobel. Egli spiega il dramma dell’Italia così: siamo passati dal Noi all’Io. «L’Io è più comodo, il Noi fa paura».

Ma allora perché si considera lui, proprio lui, come una specie di Messia? Si sente sul serio Gesù. Non scherza affatto quando risponde così alla domanda di un Curzio Maltese, il quale scrive libri contro i preti, ma non resiste al fascino dei cherubini veltronini dalle chiappette rosee e barocche. Dedica il libro a Vittorio Foa, un grande sindacalista, carcerato durante il fascismo. Ahimé non dimentico (si scusi la prima persona singolare, ma sono molto superbo) che quando la sinistra extraparlamentare impediva a chi non era dei loro di parlare in università e gli spaccava le ossa con le spranghe, lui stava coi violenti, iscritto al loro partito, Democrazia proletaria. Ciò non toglie sia stato un mito. Veltroni lo paragona a Omero. Però in realtà pensa al profeta Simeone con Gesù Bambino. Così allo stesso modo duemila anni dopo dixit il profeta Vittorione su Walter bambino. Uno va in carcere sotto il Duce, si batte, studia, invecchia, diventa un santone dei compagni. E tutto per che cosa, poveretto? Per ungere lui. Anzi, Noi, cioè Veltroni. Il quale bontà sua, anzi nostra, pesca questa meravigliosa perla nella memoria del Novecento: «Tanti anni fa fu lui a dirmi per primo: un giorno toccherà a te, non potrai tirarti indietro».

Toccherà che cosa? Di guidare la sinistra ancora e per

sempre? Toccherà che cosa? Governare l’Italia? Ah sì? Noi italiani, ma anche Io, Tu, Egli e Loro e Voi, ma anche Ella ed Esso ed Essi, tocchiamo tutti quanti ferro, e anche là nelle tasche dov’è di casa la rima con l’Autore.

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