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Una farmacia nel cervello: ecco le cellule «guaritrici»

La scoperta del San Raffaele: le staminali adulte sono ottimi anti-infiammatori per la sclerosi

Una farmacia nel cervello: ecco le cellule «guaritrici»

Pamela Dell’Orto

da Milano

Un grande passo avanti. E una speranza per i malati di sclerosi multipla e tumore cerebrale, e per le persone colpite da ictus o da traumi midollari. Anche se dovranno aspettare diversi anni, la strada è comunque aperta.
Una ricerca dell’unità di Neuroimmunologia dell’ospedale San Raffaele di Milano ha portato alla scoperta che le cellule staminali del cervello possono essere usate come «farmaci» anti-infiammatori. E potranno un giorno curare le malattie che colpiscono il sistema nervoso. Semplicemente bloccando le gravi infiammazioni.
Una scoperta importantissima emersa dallo studio diretto da Gianvito Martino e Stefano Pluchino e condotto dall’equipe di ricercatori dell’Istituto scientifico universitario e dall’Università Vita-Salute del San Raffaele, in collaborazione con l’università di Verona, che oggi sarà pubblicata su «Nature», la più autorevole rivista scientifica del mondo. Uno spiraglio, soprattutto per la cura della sclerosi multipla, piaga che colpisce in Italia 50mila persone. Milleottocento nuovi casi ogni anno, la maggior parte dei quali riguarda giovani fra i 25 e i 30 anni. Un’emergenza sociale, oltre che clinica, perché la malattia ha dei costi proibitivi: dai 20 ai 30mila euro l’anno per ogni paziente.
Come spiegano i due ricercatori, il nostro cervello è già dotato di un sistema di ricambio cellulare. Grazie alle staminali adulte, che sostituiscono le cellule che muoiono nel normale ricambio dei tessuti. Quindi il nostro sistema nervoso centrale è già dotato di per sé di una sorta di «farmacia». Ma se si parla di gravi malattie come la sclerosi, il discorso cambia.
La ricerca è stata condotta, finora, su topi e primati (come le scimmie), affetti da sclerosi multipla. E continuerà finché non si troverà il modo di applicarla all’uomo.
I passaggi sono semplici: dal cervello del topo si prelevano alcune cellule staminali. Le si mettono in vitro, dove le si crescono in grande quantità senza alcun tipo di manipolazione. E senza differenziarle. Poi le si iniettano in endovena. Una volta iniettate, le cellule trovano da sole la strada verso le cellule infiammate del cervello e del midollo spinale. Anche se sono numerose e distanti fra loro. La scoperta più importante: le staminali sono dotate di una sorta di velcro naturale che permette loro di individuare e aderire alle cellule malate. Una volta agganciatesi alle parti malate, le staminali funzionano come degli anti-infiammatori. Non sostituiscono le cellule infiammate, ma producono molecole che provocano velocemente la morte della parti malate. «In questo modo, le staminali neurali funzionano come piccole farmacie aperte per distribuire medicine là dove servono». È chiaro «che queste cellule partecipano a una modulazione del danno», spiega il professor Martino. Che avverte: «Si tratta ancora di una sperimentazione condotta su animali. Prima di arrivare a un impiego clinico sull’uomo, passeranno almeno cinque anni». Le staminali, comunque «non disinnescano il meccanismo della malattia. Sono un braccio aggiuntivo alle nostre strategie terapeutiche».

In pratica il sistema nervoso è preservato dal danno, e la malattia si attenua.

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