Farmaco innovativo può curare la leucemia mieloide cronica

Il trattamento della leucemia mieloide cronica fa continui passi avanti. Molecole importanti, sempre più potenti, sempre più selettive permettono oggi un miglior controllo della malattia: circa mille i nuovi casi registrati annualmente in Italia, in totale quasi 9mila i pazienti che crescono per una più alta sopravvivenza alla malattia. Solo una decina di anni fa la leucemia mieloide cronica, lasciava speranze di vita pressoché nulle. Oggi la mortalità è diminuita di 10 volte. Questo grazie anche alla disponibilità di terapie efficaci. «L’impiego di imatinib, tuttora caposaldo della terapia, ha rivoluzionato le prospettive di sopravvivenza e di vita dei pazienti con leucemia mieloide cronica», spiega il professor Giuseppe Saglio (nella foto), docente all’università di Torino, ospedale San Luigi, Orbassano. «A distanza di otto anni, dall’inizio di un grande studio clinico (Iris) che valutava effetti e vantaggi della terapia con imatinib, l’86 per cento dei pazienti è ancora vivo e circa il 7 per cento dei pazienti non sopravvissuti è morto per cause indipendenti dalla leucemia». La ricerca non si ferma. Adesso una molecola, nilotinib, un derivato di imatinib e originariamente registrata come trattamento di seconda linea, ma più potente e selettivo nei confronti della molecola che causa la leucemia mieloide cronica Ph+, è al centro dell’attenzione, in un grande studio internazionale di Fase III (ENESTnd, 846 persone reclutate in 229 centri in tutto il mondo), presentato a New Orleans al 51° congresso annuale della Società americana di ematologia (ASH), al quale il professor Saglio ha partecipato nel ruolo di primo investigatore, conferma del forte ruolo che l’ematologia italiana detiene nel mondo. Il farmaco, nel trial clinico, ha dimostrato di superare imatinib in tutti i parametri di efficacia, inclusa la prevenzione della progressione della malattia alle fasi accelerate a 12 mesi . Inoltre è stato ben tollerato e pochissimi pazienti trattati con dosaggio più alto per due volte al giorno hanno interrotto il trattamento, a causa di eventi avversi.

«Lo straordinario tasso di risposta osservato con nilotinib, combinato con il bassissimo tasso di progressione di malattia, indica marcatamente che i pazienti che iniziano il trattamento con questo farmaco potrebbero avere un miglioramento temporale di sopravvivenza senza progressione di malattia», sottolinea Saglio. Presto si avrà la richiesta per l’approvazione a livello mondiale del nuovo farmaco come trattamento per i pazienti adulti di prima diagnosi.

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