In attesa della finale tra Egitto e Ghana si ha la sensazione di avere assistito al peggior calcio africano degli ultimi anni e si intuisce che buona parte delle stelle della costellazione sia giunta in Angola con poca luce se non addirittura spenta. Che il torneo prendesse questa piega era nellaria: lo si evince dallatteggiamento dei tanti osservatori che hanno preferito poltrona e tv satellitare al viaggio nellex colonia portoghese. Luanda si appresta a incoronare la regina del continente mentre il Togo viene sospeso dalle prossime due edizioni della Coppa dAfrica dalla Confederazione africana di calcio, che lo punisce così per il ritiro dalla competizione di questanno. Adebayor e compagni avevano subito un attacco terroristico l8 gennaio, durante il trasferimento in pullman tra il Congo e lAngola, costato la vita a 2 membri della delegazione. La Caf ha inflitto al Togo anche una multa di 50.000 dollari. E così il comitato organizzatore può liquidare lagguato al pullman del Togo come «minuscolo incidente in un torneo grandioso». Che cosa ci sia di grandioso resta un mistero, tra squadre dimenticate in albergo o private dei campi dallenamento e arbitraggi scandalosi pro padroni di casa (poi fortunatamente liquidati dal Ghana).
Nella gabbia del mito dellEgitto vincitore delle ultime due edizioni, la conquista della terza potrebbe diventare condizione indispensabile per riconfermare unidentità egemonica. I meriti vanno attribuiti ancora una volta al baffone Hassan Shehata, quello che applica il backgammon al calcio, che dovendo rinunciare in un colpo solo ai tre moschettieri Zaki, Mido e Aboutrika ha inventato un fruttivendolo di Alessandria, Mohamed Nagy «Gedo», centravanti e ha vinto per lennesima volta la sua scommessa. Per il resto è il solito monolitico Egitto che si conosce a memoria, con lacrobatico El Hadary tra i pali, il cerbero Gomaa, che ha brutalizzato in rapida successione Kanu, Etoo e Ghezzal, a difesa del fortino e Ahmed Hassan ispiratore della manovra.
Sul fronte opposto il Ghana, che non vince la Coppa dal 1982, quando in campo giostravano James Essien, padre di Michael del Chelsea di Ancelotti, e Abedì Pele, stella del Marsiglia, apprezzato anche nel Torino, propone una squadra giovanissima in buona parte costruita dal ct serbo Milovan Rajevac sul blocco che lo scorso ottobre, guarda caso in Egitto, vinse i mondiali Under 20. Riflettori puntati sul figlio di Abedì Pele, André Dede Ayew, sugli italiani Adiyiah (Milan), Badu (Chievo) e Kwadwo Asamoah (Udinese). Senza dimenticare ex clamorosamente sottovalutati dal calcio dello stivale come il bomber Gyan Asamoah (ex dei friulani e ora al Rennes) e soprattutto larcigno difensore John Mensah, capitano delle Black Stars, ma anche pilastro del Sunderland in Premiership, dopo un passato «italiano» con Bologna, Genoa, Chievo, Modena e Cremonese.
LEgitto può davvero entrare nella leggenda, dopo essersi vendicato dellAlgeria in semifinale (che ieri ha perso anche la finalina per il terzo posto, sconfitta 1-0 dalla Nigeria) ma chi invece non dimenticherà questa avventura è il terzino sinistro del Ghana Samuel Inkoom, un ventenne dotato di corsa e tecnica fuori dal comune. Comunque vada a finire oggi allEstádio 11 de Novembro (ore 17 il calcio dinizio), lui può già festeggiare: dalla prossima estate sarà un giocatore del Barcellona.
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