Cultura e Spettacoli

«Per farvi divertire prendiamo in giro Tarantino e Verdone»

Arriva il film di Aldo, Giovanni e Giacomo: quattro episodi (e mezzo) pieni di citazioni. Il regista Marcello Cesena: "Temevo che mi avrebbero costretto a fare il vigile urbano"

«Per farvi divertire prendiamo in giro Tarantino e Verdone»

Roma - Medaglia di bronzo. Sono sicuri di arrivare terzi e questo gli basta. «Anche perché - dice Giovanni - il fatto che si vinca o che si tratti di un bel film sono due cose ben diverse». E Aldo (Baglio) Giovanni (Storti ) & Giacomo (Poretti), ovviamente, sono del parere che il loro Il cosmo sul comò sia molto bello. Ne è convinta anche Medusa che produce con Paolo Guerra e distribuisce da venerdì in ben 650 sale. E poco importa che nella battaglia di Natale Il cosmo sul comò diretto da Marcello Cesena seguirà Natale a Rio e Madagascar 2.

Comunque Giacomo, il più loquace - ma di molto - del trio, mette le mani avanti scherzosamente: «Una preghiera per chi non gradisse: non tirate scarpe, perché le abbiamo già, ma sciarpe e golfini che ci tornano più utili». Mentre Giovanni tenta di spiegare lo strambo titolo: «Pensavamo alla saggezza e alla verità che stanno sul comodino e nessuno riesce a raggiungerle». «Anche perché - chiosa caustico Aldo - nessuno ha più un comodino».

Come sempre incontrare il trio, che torna al cinema di finzione a distanza di quattro anni da Tu la conosci Claudia dopo l'esperimento cine-teatrale del 2006 di Anplagghed al cinema, è un'esperienza, dato che il meglio lo danno prendendosi in giro a vicenda. Cosa che, paradossalmente, non succede in Il cosmo sul comò dove, nello spezzatino di quattro episodi più uno di collegamento, poche sono le volte in cui assistiamo al loro ormai leggendario catalogo di fisime, manie e idiosincrasie.

La comicità passa tutta invece per una serie di citazioni da cui ogni singolo episodio prende spunto. Così in quello che attraversa tutto il film, «Maestro Tsu Nam», troviamo Aldo e Giacomo nei ruoli di Pin e Puk pendere dalle labbra di Giovanni maestro alla Kill Bill di Tarantino. Così come «Milano Beach», con le brave mogli Silvana Fallisi, Debora Villa, Cinzia Massironi e la suocera Luciana Turina, parte da Bianco rosso e Verdone di e con Carlo Verdone. «Falsi prigionieri» cita i quadri animati di Harry Potter mentre «L'autobus del peccato» con Isabella Ragonese e «Temperatura basale» sono ricchi di rimandi come quando Giacomo sotto il trapano del dentista milanista si trova a rispondere se «è sicuro» di essere dell'Inter. In Il maratoneta era Dustin Hoffman a rispondere all'incomprensibile, per lui, «è sicuro?» di Laurence Olivier. Giacomo: «Mettermi nei panni di Dustin Hoffman è stato abbastanza semplice. Quando invece sono un prete mi sono immaginato una sorta di Don Camillo. L'importante però è tratteggiare il personaggio in maniera originale».

Ma Aldo Giovanni e Giacomo, che citano tra i loro modelli Totò e Stanlio e Olio, a fianco di quale attore se la sentirebbero di recitare? Risponde Giovanni: «Sicuramente Roberto Benigni». Segue Aldo: «Con Carlo Verdone». Giacomo invece rilancia con una proposta suggestiva: «Sarebbe curioso se ci mettessimo noi tre con Toni Servillo (Giovanni lo interrompe: «Io avrei preferito Jackie Chan») perché ci farebbe rigare dritto». Intanto il regista Marcello Cesena, racconta come ha fatto a tenerli a bada: «Temevo di dover fare solo il vigile urbano tra loro tre abituati a lavorare insieme da decenni. Invece mi sono trovato con tre veri attori, tre personaggi autonomi e abbiamo lavorato soprattutto sulla recitazione».

Tutto è filato liscio nonostante Giovanni sottolinei che, in alcuni periodi dell'anno, «ci frequentiamo troppo e litighiamo anche tanto ma sono incazzature costruttive, è così che ci chiariamo». Quisquilie per un trio che sta insieme da 17 anni come ha evidenziato una bella puntata di Matrix l’altra sera. Teorizza Giacomo: «Il carattere della nostra maschera è sempre la stessa. A parte la follia dei personaggi tv degli inizi mi sono accorto in questi anni di aver tirato fuori qualcosa di più negli aspetti di sofferenza». Con il tratto distintivo però di «non abusare della parolaccia perché la volgarità viene rappresentata solo per essere messa alla berlina».

Una comicità diretta e fisica, «il nostro modo espressivo per raccontare la vita» dicono. Ma la loro di vita com'è? «Nel privato siamo forse un po' più noiosi della media. D'altro canto facciamo come il ginecologo che, quando torna a casa, mica si mette a lavorare».

Ineccepibile.

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