(...) Il segretario diessino preferisce non entrare nello scontro Albertini-Penati: «Non ho niente da dire, valuterà la Procura». Lui è a Milano come missionario al servizio di Ferrante: «Tanto più avrà voti tanto più sarà forte. È quel che è accaduto con Romano Prodi». Insomma, se lex prefetto scenderà sotto la soglia del Professore sarà una mezza sconfitta. Fassino lo sa e avverte Ferrante: «Centomila milanesi sono andati a votare il 16 ottobre e grazie a quelle primarie Prodi è un candidato forte. Quanto più Ferrante avrà uninvestitura popolare tanto più sarà forte contro Letizia Moratti».
Un paragone che mette i brividi al povero Ferrante: Romano Prodi ha battuto Fausto Bertinotti settantaquattro a quindici. Nemmeno le previsioni più rosee fanno sperare che Ferrante ce la faccia e anzi cè chi teme che Dario Fo possa riuscire in un sorpasso al fotofinish. E gli attacchi si intensificano. Il quotidiano della Margherita, Europa, accusa il nobel di fare «una campagna sbracata» e conclude: «È triste uscire di scena tra i fischi dopo una vita di applausi». E il senatore della Rosa nel pugno, Roberto Biscardini, non è da meno: «Mi auguro che Fo prenda pochi voti, non lo considero un candidato affidabile e non lo vorrei come sindaco di Milano». I termini della vittoria non sono roba da poco. Lo sanno bene i vertici dei Ds che già sentono il comunista Augusto Rocchi strillare per il vicesindaco. E Bruno Ferrante ammette, con una rivelazione che forse non entusiasmerà il premio Nobel: «Abbiamo contatti continui con i vertici di Rifondazione, ci sentiamo più di quanto crediate».
Ferrante pur di non fare arrabbiare la sinistra è pronto a tutto: stoppa il nuovo grattacielo della Regione nel bosco di Gioia e non solo («cè già troppo traffico, bisogna rinegoziare i grandi interventi urbanistici»), dice no a «troppe telecamere per il controllo delle infrazioni», invita a «non ossessionare la gente con le multe». Apre al registro delle unioni civili chiesto dalla Rosa nel pugno: «Si può anche fare, anche se non ha valore giuridico». Boccia le nuove norme del governo sulla legittima difesa: «Rischiano di fare più vittime nelle strade». Porge laltra guancia a Dario Fo che lo chiama questurino: «È una grande risorsa per il Paese e per la città. Bisogna considerarla per il futuro, anche se è prematuro pensare a una squadra».
Basta la parola squadra a scatenare le risse nel centrosinistra.
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