Roma - La fase due? «Una caricatura giornalistica». La contrapposizione tra riformisti e radicali? Una strumentalizzazione di chi «vuole dimostrare che questo governo non sta in piedi». Fretta a mandare a casa l’esecutivo Prodi? «Mi batterò perché duri cinque anni». Piero Fassino ce l’ha messa tutta per calmare le acque che lui stesso ha agitato annunciando un’offensiva riformista a Caserta. Ma prima di cercare di ridurre le distanze con Romano Prodi, irritato dal vertice con i ministri, il segretario Ds si è preoccupato degli affari di casa sua. E cioè di rassicurare la sinistra della Quercia. Il segno di buona volontà pre-conclave lo ha dato partecipando a un convegno intitolato «Dopo la Finanziaria, una legislatura per cambiare l’Italia». Davanti allo stato maggiore dell’area si è appellato affinché si scongiuri «la rappresentazione caricaturale di chi ci vuole divisi in una contrapposizione tra riformisti e radicali». Perché il disegno di chi lo fa consiste nel dimostrare che la maggioranza non ha basi politiche.
Caustica la replica del ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi: «Alle rappresentazioni caricaturali bisogna anche evitare di esporsi». E quindi bisogna rifuggire dalle «leggende metropolitane, come quella che la Finanziaria 2007 è figlia del massimalismo e che per questo ora i riformisti devono tornare alla riscossa».
Per Fassino la Fase due non sarà in contrapposizione alla Finanziaria. Anche se - ha osservato - le prossime manovre non potranno essere da 34 miliardi di euro e dovranno necessariamente affrontare i nodi strutturali. Ma ogni tentativo di entrare nel merito si è scontrato con i no della sinistra del suo partito. Sulle pensioni, il segretario Ds ha cercato di spiegare che tenere in equilibrio i conti «non significa cedere alle teorie neoliberiste». Ma per il nuovo correntone l’errore è proprio quello di contenere la spesa, visto che la popolazione anziana sta aumentando. Sul lavoro. Perché se il segretario Ds ha ricordato di avere partecipato a un congresso dei socialisti norvegesi del ’92 dove già si parlava di flessibilità, Mussi ha risposto sottolineando come questi anni abbiano dimostrato gli effetti negativi di quella flessibilità, che ora deve essere ridotta. D’Altro canto i tempi sono cambiati: «Non ci sono mai stati così tanti lavoratori dipendenti e operai come in questi anni. E chi non lo vede è cieco». Come dire, a non essere in sintonia con i tempi non sono i radicali.
Attriti anche sui temi più politici. Sul referendum elettorale, sul quale coincidono la lettura di Fassino e della sinistra Ds («uno strumento per accorciare la legislatura»), anche se Mussi gli ha contestato di aver permesso l’adesione di membri della segreteria. Sulle riforme gli sforzi di Fassino si sono concentrati nel tentativo di allontanare i sospetti di inciucio, con tanto di battibecco con Cesare Salvi, invitato a «non fare ironia sulla Bicamerale» perché «anche tu facevi parte di quella commissione». «Proprio per questo faccio ironia», ha ribattuto il coordinatore della sinistra Ds. E anche a rassicurare chi vede nei tentativi di riforma un modo per fare terminare in anticipo la legislatura. Le riforme «non si fanno in cinque mesi», ma possono «cominciare con un patto che è il segno della direzione di marcia».
Sullo sfondo la questione del Partito democratico. Mussi non ne ha parlato. E l’affondo è toccato a Valdo Spini che ha chiesto «una sospensione» fino a quando Prodi e la Margherita non avranno chiarito se vogliono entrare nell’Internazionale socialista. In ogni caso, ha garantito Fassino, «io non intendo portare il partito fuori» dall’organizzazione. Contrasti che non affioreranno al vertice della reggia di Caserta, depurato dal tema della previdenza.
La sinistra Ds sarà rappresentata dallo stesso Mussi che, a fine convegno, con i suoi è stato onesto riconoscendo che il primo obiettivo del seminario è quello «di ritrovare la coesione dell’Unione».
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