Fassino e Rutelli prudenti: la piazza può costare cara

Ds e Margherita evitano la linea d’assalto di Prodi, mentre la sinistra radicale lo applaude

da Roma

Quasi meglio di Bettino Craxi a Sigonella: Marco Rizzo è entusiasta di Romano Prodi che «afferma che non ci deve essere alcuna intromissione degli Usa nella campagna elettorale italiana: finalmente, a chiare lettere, viene difesa la sovranità nazionale del nostro Paese».
Ma che Rizzo e i suoi compagni del Pdci siano anti-yankee sempre e comunque non fa notizia. In altre aree meno estremiste dell’Unione invece c’è maggior cautela. Anche nei confronti delle accuse prodiane su un dipartimento di Stato imbeccato da Via del Plebiscito: il leader della Margherita Francesco Rutelli, ad esempio, non rilancia le insinuazioni del candidato premier e si limita a invitare «tutti» a «non seminare allarmismi e fare strumentalizzazioni», e a sottolineare che in campagna elettorale «c’è bisogno di serenità» e anche di «vigilanza». Al Botteghino fanno notare che anche Piero Fassino è stato assai prudente, e dopo essersi «consultato con i suoi interlocutori in Usa, dove ha ottimi rapporti», il segretario dei ds ha chiesto al presidente del Consiglio e al centrodestra di non utilizzare «un atto burocratico del dipartimento di Stato per far credere agli italiani che gli americani siano preoccupati delle elezioni, perché non è così». Nessuna «imbeccata» italiana, dunque, semplicemente «un’iniziativa del dipartimento di Stato» che «appare più un atto di cautela che non di allarme». Solo alcune ore più tardi, venuto a conoscenza delle affermazioni di Romano Prodi, Fassino per «coprire» il candidato premier ha reclamato dal governo «un chiarimento», perché «sarebbe molto grave se risultasse che da Roma qualche esponente governativo ha sollecitato la nota Usa».
Roberto Villetti, socialista della Rosa nel pugno, parla di «preoccupazioni inconsistenti» sul pericolo di agitazioni di piazza in Italia. «Altro capitolo invece è quello dell’allarme terrorismo, su cui ci sono stati nel tempo ripetuti segnali d’allarme». Ma nell’Ulivo (che non a caso ha disertato la manifestazione pacifista di Roma) qualche preoccupazione c’è, soprattutto dopo i fatti di Milano, e il segnale dato dal sindaco Cofferati, che ha interdetto all’estrema destra la piazza bolognese per evitare contraccolpi negativi da sinistra, lo dimostra. Ieri lo ha denunciato anche Il Riformista, sottolineando che «la piazza in mano agli opposti estremismi è balzata di prepotenza nella campagna elettorale», e che il centrosinistra «non solo non ne ha bisogno, ma ne viene danneggiato» perché quei «quattro gatti» nelle piazze, «strumentalizzati» dalla Cdl, possono fargli «giocare in un attimo il precario vantaggio elettorale».
E anche l’ex direttore dell’Unità Furio Colombo invita i «giovani» a «evitare per prudenza ogni forma di manifestazione che vada al di là delle parole». Nella Quercia si guarda con attenzione alla «strategia» messa in atto da Berlusconi, che «punta a mobilitare il suo elettorato alimentando l’allarme estremismo: se va bene rivince, se va male riuscirà a gestire la sconfitta mantenendo un ruolo di primo piano nell’opposizione».

Il verde Paolo Cento va oltre, e intravede una «strategia di ordine pubblico» che punta «non tanto a spostare il consenso ora, quanto a creare una escalation di tensione che prepari il dopo-elezioni, aprendo la strada a un governo di unità nazionale di cui Berlusconi può essere il grande regista».

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