Fassino fa il pentito sull’indulto Mastella: coccodrillo

Gianni Pennacchi

da Roma
Che sia il presidente di Confindustria a mettere sotto accusa l’indulto, non è una novità: a ogni convegno grande o piccolo di imprenditori, Luca Montezemolo non fa mancare, nelle sue lamentazioni contro il governo Prodi, una raffica contro il provvedimento di clemenza varato recentemente. Ma se è il segretario della Quercia, a intonare un’autocritica sull’indulto, allora la novità si fa clamorosa. Ieri è avvenuto. Insieme a Montezemolo, è sceso in campo Piero Fassino, nell’ufficialità della Direzione del suo partito.
Il presidente di Confindustria era a Prato per il forum della piccola industria, e sull’indulto è andato più pesante del solito: «L’unico accordo tra maggioranza e opposizione è stato quello sull’indulto, che è servito a mettere fuori dalla galera dei mascalzoni». Come dire che gli accordi bipartisan dovrebbero riguardare temi più seri, tant’è che la conclusione di Montezemolo è quasi scontata: «Questo ci deve far riflettere di fronte a un Paese che ha enormi difficoltà a fare riforme strutturali di cui avremmo assoluto bisogno».
Critica severa, è quella di Fassino in apertura dei lavori della Direzione Ds. Severa e chiara, perché l’indulto non solo era stato proposto dal centrosinistra ma fortemente voluto proprio dalla Quercia. Il segretario ha riconosciuto che l’impatto sulla pubblica opinione è stato negativo: «I cittadini non apprezzano quei provvedimenti che appaiono espressione di un vecchio modo di governare. Così è stato per l’indulto, percepito come un provvedimento di sola emergenza, rischioso per la sicurezza dei cittadini e capace di rimuovere le cause della stessa emergenza carceraria».
Volete che Clemente Mastella, padre di questo indulto, non reagisse almeno ai ripensamenti di Fassino? È a Washington il ministro della Giustizia, dove deve incontrare il suo omologo e Condoleezza Rice, ma ieri pomeriggio ha risposto a tambur battente: «Non credo che con la strategia del coccodrillo si faccia lunga strada». Non solo Mastella non apprezza «quelli che piangono dopo», ma reagisce e contrattacca: «Non siamo affatto in una situazione di guerriglia urbana determinata da chi è uscito dal carcere. Dare questa versione dell’indulto come causa dell’insicurezza che c’è nelle nostre città, francamente mi pare una spiegazione non corretta, improvvida, non corrispondente ai dati di fatto».
La polemica è comunque innescata, e si sviluppa tutta interna al centrosinistra. Ecco dunque Roberto Villetti, capogruppo alla Camera della Rosa nel Pugno, che ovviamente difende l’indulto ma invece di bacchettare Fassino se la prende con Montezemolo. Il quale, secondo Villetti, sta portando Confindustria a muoversi «come un vero e proprio partito», mira alla sostituzione del governo Prodi, e «nel suo slancio politico non ha neppure rinunciato a fare un po’ di facile demagogia sull’indulto, votato dal Parlamento e che è stato reso necessario dalla drammatica situazione di affollamento delle carceri».


Applausi per Fassino invece, da Massimo Donadi capogruppo dei deputati dipietristi: l’autocritica del segretario della Quercia costituisce «per noi di Italia dei valori un riconoscimento a posteriori di quanto giusta fosse la battaglia che ci ha visti impegnati, per altro isolati nel centrosinistra, a contrastare l’approvazione dell’indulto».

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