Fassino furioso con Prodi: così rovina tutto

Tramonta l’ipotesi di «listone» senza il partito di Rutelli. Il leader ds: qualunque decisione dovrà essere presa all’unanimità.

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Laura Cesaretti

da Roma

Questa volta anche Romano Prodi deve essersi un po’ allarmato per le reazioni negative suscitate nel centrosinistra dalla sua ultima missiva cretese. Tant’è che il suo portavoce Ricky Levi si è attaccato al telefono per spiegare ai vari dirigenti ulivisti che si trattava non di una «provocazione» ma di un «messaggio di pace»; e che ieri il Professore ha inoltrato la lunga mail del 2 giugno a tutti i parlamentari dell’Unione corredandola con un bigliettino conciliante: «Sono certo che lo leggerete come un contributo alla composizione di un quadro condiviso delle diverse posizioni legittimamente espresse all’interno dell’Unione». Quel «legittimamente» è una concessione non da poco alla Margherita, la cui scelta di non partecipare al Listone unitario era stata definita da Prodi «un suicidio».
A mettere in allarme il Professore e la sua «carovana» (così al Botteghino è stato denominato il gruppone-vacanze di consiglieri che tiene compagnia al leader in quel di Creta) è stato soprattutto il gelo Ds. Piero Fassino stavolta ha perso la pazienza: di per sé, la cosa non farebbe notizia visto il temperamento fumantino del leader della Quercia, la notizia è che l’abbia persa con Prodi. «Adesso basta! Non si può tirare troppo la corda», è sbottato. Il messaggio che Fassino invia al Professore non è così aspro, ovviamente, ma altrettanto duro: «Qualsiasi decisione sulla lista unitaria dovrà essere condivisa da tutti, e da questo i Ds non prescindono». Tradotto, significa un «no» bello tondo alla richiesta di fare comunque un listone senza la Margherita, provocando la scissione della componente prodiana. E una rassicurazione esplicita a Rutelli, che ieri Fassino si è rifiutato di attaccare anche sulla scelta di astensione sulla procreazione assistita. Dalla Margherita infatti arrivano subito a Fassino attestati di stima: «Apprezzo il suo sforzo unitario», dice Lusetti. «Bene ha fatto il segretario ds a chiedere la convocazione dei vertici dell’Unione e dell’Ulivo: meglio parlarsi de visu che online», aggiunge ironico Franceschini.
La lettera da Creta è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’insofferenza ds. «Stavamo lavorando a una possibile soluzione che salvasse la faccia sia a Rutelli che al Professore e ci togliesse da questo demenziale impasse - spiega un esponente della segreteria ds - ma ora lui ha rialzato la posta e quell’ipotesi è stata bruciata». Il piano della mediazione ds, chiamato «operazione macchia di leopardo», prevedeva la presentazione del simbolo unitario dell’Ulivo in poche circoscrizioni proporzionali (si pensava a grosse città tipo Roma, Milano e Napoli) e il «tana libera tutti» nelle altre. «Così - prosegue il dirigente del Botteghino - Prodi avrebbe potuto dire “ho vinto io perché c’è l’Ulivo”, Rutelli avrebbe potuto dire “ho vinto io perché c’è la Margherita”, e tutti sarebbero stati contenti, noi compresi. E invece...». E invece Prodi ha rilanciato, bruciando una mediazione al ribasso che la dava sostanzialmente vinta a Rutelli. Ha rilanciato su primarie, listone e gruppo parlamentare unico, e la Quercia frena su tutto: «Se nessuno mette in discussione la leadership, non se ne vede la necessità», dice Violante. Quanto al gruppo unico, il parere è altrettanto negativo: «È un’operazione che richiederebbe anni: un obiettivo importante, ma che non si può chiedere dall’oggi al domani - spiega un fassiniano -. Capiamo che Prodi abbia il problema di avere un gruppo cui iscriversi nella prossima legislatura, per non finire nel misto. Ma se ha fondato la Margherita e oggi si ritrova a controllarne solo il 20%, il problema è soprattutto suo». Il prossimo vertice (che si terrà dopo il referendum) sarà un appuntamento complicato per il Professore.

D’Alema, che nella Quercia è colui che ha più investito sulla sua leadership, tace, mentre si moltiplicano le voci di coloro che criticano l’atteggiamento troppo «autocratico» di Prodi, e riflettono ormai apertamente sulla «occasione storica di candidare uno dei nostri alla premiership». «Se non condividono il mio progetto, posso sempre aprire un bar all’isola d’Elba», è la battuta del Professore che i suoi si ripetono. Il rischio che stavolta i suoi alleati accolgano la proposta è aumentato.

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