Politica

Fassino: il mio agosto rovinato dagli alleati

Messaggio alle forze dell’Unione: «Indebolire il primo partito della coalizione significa segare l’albero su cui si è seduti»

Vincenzo Pricolo

da Milano

Dopo un’estate difficile, un chiaro messaggio ai litigiosi alleati dell’Unione: «Indebolire la prima forza del centrosinistra significa segare l’albero su cui si è seduti». Alla festa dell’Unità di Milano, ancora prima di cominciare a rispondere alle domande di Paolo Mieli, il segretario dei Ds Piero Fassino, sotto al tendone dei dibattiti strapieno, accenna neppure tanto velatamente ai rapporti difficili nell’Unione dopo il caso Unipol. Ha un momento di emozione evidente e con la voce rotta dice rivolto alla platea: «Grazie per essere qui. Abbiamo avuto un agosto non semplice. Ma abbiamo potuto resistere, ho potuto resistere, perché sapevo che c'eravate voi».
Gli attacchi polemici alla Margherita segnano buona parte dell'intervento-intervista. Il tono verso Mieli, direttore del Corriere della sera e secondo alcuni dirigenti della Quercia pigmalione di Francesco Rutelli, è controllatissimo. Ma quando si tratta della Banca d'Italia, Fassino sbotta. «La riforma del governo? La montagna ha partorito un topolino - s’infervora -. L'unico partito che ha fatto proposte è il partito dei democratici di sinistra. Tutte le riforme che adesso si chiedono da più parti erano contenute negli emendamenti firmati Fassino, Bersani e Visco all'indomani dello scoppio del caso Parmalat. In commissione erano state approvate e poi in aula il centrodestra con la complicità di qualche settore del centrosinistra li ha messi in minoranza». E non contento insiste. «Adesso il tempo delle chiacchiere è finito. In Parlamento ripresenteremo gli emendamenti e vedremo chi è dalla parte del mercato». E ancora: «Voglio vedere che cosa faranno i Soloni che mi davano lezioni di mercato».
E anche quando si parla di «politica pura» la polemica, mascherata da analisi, contro la Margherita è trasparente. «Dicono - spiega - che il bipolarismo funziona se i due poli sono guidati dalle componente centrista. Non è vero. Non è così in Europa. C'è qualche fesso che fa politica da bar sport e dice “facciamo due partiti come in Europa”. Il bipolarismo europeo è di coalizioni non di partito. E ovunque le due coalizioni hanno il punto di forza in due partiti di riferimento». E venendo all'Italia, ragiona: «Il centrodestra era forte quando era forte Forza Italia e adesso è in crisi perché il partito è in difficoltà». E quando si tocca i problemi del centrosinistra, il leader dei Ds torna alla carica «con il progetto di una grande forza riformista per il nostro Paese». «L'idea dell'Ulivo - aggiunge - era quella del pilastro della coalizione. Quel progetto è stato congelato e tengo a dirlo, non per colpa mia o di Prodi. Trovo curioso che adesso ci si ponga il problema dei centristi».
Alla fine tutto gira intorno alla questione dei Ds, alla guerriglia che li vede oggetto delle attenzioni malevoli degli alleati. Il segretario cerca di mantenere la calma: «Io non faccio processi alle intenzioni. Nel mese di agosto siamo stati al centro di un'aggressione. Ma in questi giorni i sondaggi ci danno in crescita nelle intenzioni di voto. Questo partito va rispettato, interpreta gli umori profondi della società italiana. Ma “ex malo bono”, può essere che da questa situazione venga del buono. Per i democratici di sinistra quello che conta è battere Berlusconi. Per fare questo non serve ridistribuire i voti tra di noi, perché altrimenti prendiamo gli stessi consensi del 2001 e perdiamo». Mieli riporta il confronto sulla terra: pensa di avere già in tasca la vittoria? «Assolutamente no - si schermisce Fassino -. Berlusconi è un combattente e ha grandi risorse. Penso però che il centrosinistra possa vincere. Nel 2001 Berlusconi vinse con un messaggio forte ed efficace, con il messaggio del “più”». E il vostro messaggio per le prossime elezioni, chiede il direttore del Corriere? «Non lo so - risponde il segretario della Quercia - ma so che dovremo dare agli italiani un segnale di verità».
Quanto al centrodestra, Fassino è d'accordo con D'Alema. «Chi crede che alla maggioranza basti sostituire Berlusconi per vincere adotta uno schema sbagliato. Non li vedo i leghisti a correre nei seggi a votare Casini, non li vedo gli elettori radicalizzati di Forza Italia contenti di vedere rimosso il loro leader». E i centristi della Cdl? «Meglio tardi che mai. Ma Casini e Follini sono stati parte della maggioranza che ha governato questo Paese e hanno condiviso tutte le scelte. Se hanno un momento di resipiscenza meglio. Se da questo può arrivare una spinta alle elezioni anticipate meglio ancora.

Ma dubito che questo avverrà».

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