Laura Cesaretti
da Roma
«Padoa-Schioppa è blindato, Prodi lo ha detto chiaramente», assicura il verde Paolo Cento, sottosegretario allEconomia che ha instaurato un ottimo rapporto con il suo ministro. «Padoa-Schioppa è il parafulmine su cui si sono scaricati tutti i malumori della maggioranza per la Finanziaria», spiega il vice capogruppo dellUlivo Bressa, dl. «Ma se passiamo la cruna dago della manovra, e a meno di incidenti al Senato imprevedibili e secondo me improbabili la passiamo, il governo si rafforza e Padoa-Schioppa non lo toglie più nessuno».
Intanto però quello che il segretario di Rifondazione Franco Giordano chiama «il chiacchiericcio ulivista» contro il ministro dellEconomia, dietro le quinte della maggioranza, continua. Basta ascoltare i ragionamenti che, sotto il vincolo dellanonimato, fa un sottosegretario diessino in ottimi rapporti con i vertici del partito. Ragionamenti attorno ad un Prodi-bis, nel quale Padoa-Schioppa sarebbe lagnello sacrificale offerto dal premier alla sofferente ala riformista della sua coalizione, in cambio di una «stabilizzazione» del governo e della sua premiership. E al suo posto, spiega lesponente della Quercia, dovrebbe andare «un politico, ovviamente di area riformista: Bersani, o ancor meglio Piero Fassino», il grande escluso dal governo Prodi, che prima del «niet» imposto da DAlema al suo ingresso al governo aveva puntato proprio al ministero di Padoa-Schioppa.
Ipotesi fantapolitiche? Il pressing attorno al ministro però è reale, e «il malumore dellUlivo nei suoi confronti», come dice il ds Morri, pure: «Stiamo pagando lerrore di non aver messo un politico in quel posto chiave». Tanto reale che lo stesso Prodi ha sentito la necessità di stopparlo, definendo «inconcepibile» lipotesi di dimissioni, e facendogli scudo: «Ogni protesta nei suoi confronti è una protesta contro di me». E reale è soprattutto il malessere dellala «riformista» dellUnione, messa allangolo dallasse Prodi-Rifondazione. Non a caso i principali difensori di Padoa-Schioppa sono proprio gli uomini di Bertinotti: «La squadra di governo non si tocca», ripete Giordano ai suoi interlocutori. È chiaro, è il suo ragionamento, che Rutelli e Fassino, dopo una finanziaria «di sinistra» ingoiata a malincuore, tenteranno di «spostare a destra lasse programmatico» della coalizione, a cominciare dalla politica economica e da chi la gestisce. Il leader della Margherita ha giocato danticipo, presentando a Prodi il suo «programma di liberalizzazioni», e mettendo in ulteriore difficoltà i ds, che dovranno in qualche modo rilanciare.
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